2014-10-06 13:00:00

Sud Sudan: stallo nei colloqui. Restrizioni per le radio cattoliche


Sono stati ancora una volta aggiornati i colloqui di pace per il Sud Sudan, in corso ad Addis Abeba, in Etiopia, per tentare di porre fine alle violenze scoppiate nel dicembre 2013 tra esercito fedele al capo di Stato sud-sudanese Salva Kiir e forze vicine all’ex presidente Riek Machar. Lo stallo giunge quando le autorità di Juba hanno proibito, in particolare ad alcune radio cattoliche, di coprire le questioni politiche e di sicurezza del Paese. Radio Bakhita, emittente dell’arcidiocesi di Juba, era stata chiusa a fine agosto, per poi essere autorizzata a riprendere le trasmissioni senza però occuparsi di notizie politiche; Radio Voice of Hope, della diocesi di Wau, è stata minacciata di chiusura a meno che si non si limiti a riportare informazioni locali. Ce ne parla Enrica Valentini, direttrice del Catholic Radio Network, la Rete delle radio cattoliche del Sud Sudan e dei Monti Nuba. L’intervista è di Giada Aquilino:

R. - In alcune aree è stato detto che coprire questi eventi favorisce l’insicurezza. Il divieto è stato fatto non soltanto a noi, ma in generale ai media. C’è stata una esplicita richiesta del governo di non coprire la versione dell’opposizione o, comunque, eventi e informazioni che vengano date da quella parte.

D. - Quindi c’è un collegamento con le tensioni in atto tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir e quelle vicine all’ex presidente Riek Machar ?

R. – Sì. E’ stato chiesto esplicitamente di coprire solo la versione del governo, per non fomentare insicurezza e violenza.

D. - Di fatto come hanno agito le autorità nei confronti delle radio cattoliche, in particolare di Radio Bakhita e Radio Voice of Hope?

R. - Ci sono state critiche aperte sull’operato delle radio e sull’aver presentato vicende includendo anche la visione dell’opposizione. L’ultima richiesta, per esempio nel caso di Radio Voice of Hope, è stata di non riportare notizie che vengano dal di fuori dello Stato di Bahr al-Ghazal - dove ha sede la radio - perché presentare notizie che arrivano ad esempio dall’Equatoria o dall’Upper Nile crea un’ulteriore insicurezza.

D. - Qual è la risposta delle radio e del vostro Network?

R. - Il ruolo della Chiesa e quello delle radio è favorire la conoscenza della gente, che deve sapere cosa succede in maniera bilanciata ed equilibrata. C’è dunque il tentativo di continuare a lavorare, cercando di rispettare l’etica del giornalismo e i valori della Chiesa, quindi il rispetto della verità e la promozione delle persone.

D. - Tra l’altro, le radio comunitarie sono spesso l’unica fonte di informazione a livello locale…

R. - Sì, a parte la radio gestita dalle Nazioni Unite, che copre molto aree ma che spesso non parla le lingue locali. Le radio comunitarie hanno il vantaggio - appunto - di poter parlare le lingue locali, permettendo alla gente di comprendere realmente ciò che viene detto.

D. - Le radio cattoliche danno conto anche dei colloqui di pace?

R. – Sì. Si cerca di far sapere alla gente cosa succede anche ad Addis Abeba e come procedano i colloqui, perché sono incontri che hanno poi un impatto sul Paese e quindi tutta la popolazione ne risente, in maniera positiva o negativa.

D. - Perché i colloqui sono stati, ancora una volta, rimandati dopo 10 mesi di contrasti tra esercito fedele a Salva Kiir e forze vicine a Riek Machar?

R. - La sospensione sembra adesso sia dovuta alla mancanza di chiarezza su alcuni punti, come la formazione di un governo ad interim: in particolare ci sono dubbi su quanto questo periodo debba durate e che struttura il governo debba avere. L’altro elemento in discussione è la creazione della carica di primo ministro.

D. - Al di là di questi contrasti per il controllo del potere, il conflitto ha provocato decine di migliaia di morti, un milione e mezzo di sfollati, in un Paese che poi è gravemente minacciato dalla fame, come ha detto l’Onu. Che momento è per il Sud Sudan?

R. - C’è molto da fare e c’è la necessità di fornire mezzi di sussistenza alla popolazione. Una priorità, in particolare dal punto di vista dell’agricoltura: ci stiamo avvicinando alla fine della stagione delle piogge e quindi si sta cercando di sfruttare al massimo questo momento per poter produrre. Le varie agenzie umanitarie stanno incrementando il loro lavoro nell’ambito dell’approvvigionamento e della distribuzione di generi alimentari. Si sta anche cercando di far rientrare la popolazione nei luoghi di residenza, in modo che possa così ritornare ad una vita che si possa dire normale.

D. - La speranza del network delle radio cattoliche ma anche della Chiesa in Sud Sudan per i prossimi mesi qual è?

R. - Prima di tutto che il cessate-il-fuoco sia veramente rispettato. Questo è stato anche l’appello dei vescovi del Sud Sudan nella loro recente assemblea. Quindi che ci sia veramente e immediatamente pace e assenza di conflitto e di combattimenti.








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