2014-10-03 13:25:00

A Roma il Simposio dei docenti universitari


“Una promozione incessante del rispetto e della dignità umana”. E’ questo il centro del messaggio, che Papa Francesco ha inviato ai 300 docenti riuniti a Roma nel XI Simposio internazionale promosso dall’Ufficio diocesano di Pastorale Universitaria, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca che si è aperto ieri pomeriggio in Campidoglio. L’incontro, che si concluderà domani, ha come tema “L’idea di università. Investire nella conoscenza in Europa e per l’Europa”. Ascoltiamo il vescovo Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale universitaria diocesana, al microfono di Marina Tomarro:

R. – Il tema dell’undicesimo Simposio “L’idea di università. Investire nella conoscenza” risponde a un’esigenza che sempre più va diffondendosi nel contesto non solo italiano ma anche europeo di ripensare e rilanciare l’esperienza universitaria. Certamente, tutti sanno che l’università è in crisi di identità ma è la stessa crisi della società contemporanea che indirettamente sollecita l’università al suo ruolo. Perché l’Università è sempre stata la comunità accademica che ha favorito una sintesi della conoscenza, ed è proprio ciò di cui ha bisogno la società contemporanea.

D. – Quale deve essere oggi il ruolo della Chiesa nell’università?

R. – La Chiesa oggi deve non solo farsi garante dell’identità della vita universitaria, ma soprattutto deve sostenerla attraverso la sua azione pastorale ma anche mobilitando i credenti, i quali devono scoprire come la vita universitaria è una prima via importante, non solo per l’evangelizzazione ma anche per la costruzione della società.

E uno dei temi di questo undicesimo Simposio è l’importanza della ricerca come strada prioritaria per la crescita culturale e sociale dell’Italia. Mario Alì, direttore generale del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca:

R. – In Europa, così come già esiste la globalizzazione sulla moneta, si vorrebbe creare lo spazio europeo della ricerca perché diventa un fatto importante, perché ormai l’Università non può più essere considerata  soltanto ed esclusivamente nazionale, ma dobbiamo guardare a un’università che sia europea e che sia internazionale. Tant’è che gli sforzi che si stanno facendo sui programmi di ricerca - e mi riferisco a Horizon 2020 - vanno proprio in questa direzione: di un’unità di forze su grandi progetti di ricerca che abbiano un impatto, una ricaduta, sui prodotti interni lordi e ricerca, di tipo positivo. Questa idea di università dovrebbe passare anche attraverso il vaglio della nostra politica: capire oggi che il capitale immateriale è l’unico che crea innovazione e che quindi crea occupazione. Ossia, non guardare alla crescita dell’università e della ricerca nel contesto nazionale ed europeo significa non creare occupazione.

D. – Una delle sessioni del Simposio è dedicata all’Ageing society: perché è importante parlare di questo tema?

R. – Quella sessione non è dedicata soltanto all’Ageing society ma possiamo dire che è una derivazione da quelli che saranno i punti che noi affronteremo. E quali sono i punti? Sono le priorità previste nella strategia Europa 2020. Dicono in poche parole che dovremmo fare molta attenzione sul tema della scolarizzazione, sul numero dei laureati, guardare al tre per cento del Prodotto interno lordo e ricerca, al tema 2020 per quanto riguarda clima, ambiente, energia, al tema dell’occupazione e disoccupazione. E su questi temi l’Italia è in fortissimo ritardo. E, quindi, se ricolleghiamo questo all’idea del capitale immateriale che non facciamo, colleghiamo questo al tema della non occupazione e quindi all’invecchiamento del Paese.








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