2014-10-02 07:44:00

Hong Kong: Cina, questioni interne. Usa: soluzione pacifica


Vanno avanti ad Hong Kong le proteste contro le autorità cinesi, per chiedere maggiori libertà democratiche. Ieri oltre tremila persone si sono radunate di fronte ai centri del potere nell’ex colonia britannica, tornata sotto sovranità di Pechino nel ’97, per invocare le dimissioni del capo dell'esecutivo della città, Leung Chun-ying. Il servizio di Giada Aquilino:

Gli studenti hanno lanciato un ultimatum al capo dell’esecutivo: o le dimissioni o un'escalation delle proteste con l'occupazione degli uffici governativi. Le manifestazioni si sono estese a diverse zone di Hong Kong, con migliaia di persone scese in strada per chiedere maggiore democrazia e la fine del controllo di Pechino sui candidati alle elezioni, di fatto scelti dalla Cina. La tensione è rimbalzata anche oltre Oceano, dove a Washington il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in un incontro con il capo della diplomazia statunitense, John Kerry, ha bollato la questione Hong Kong come un affare interno della Cina, mentre a New York circa 350 persone hanno manifestato in sostegno ai dimostranti pro-democrazia. Il presidente Usa Barack Obama sarà a Pechino dal 10 al 12 novembre e, incontrando Wang Yi alla Casa Bianca con la consigliera per la Sicurezza nazionale Susan Rice, ha auspicato una soluzione pacifica. Sulle tensioni ad Hong Kong, Marco Guerra ha intervistato Laura De Giorgi, docente di Storia della Cina all’Università Ca’ Foscari di Venezia:

R. – Si tratta, forse, del termine ultimo di un confronto che va avanti da mesi, e che riguarda particolarmente le relazioni tra questa ex colonia e Pechino, che negli ultimi anni mostrano vari elementi di tensione, che coinvolgono una parte della società di Hong Kong, non tutta, ma sicuramente la parte più sensibile a quelli che sono i temi dell’identità di Hong Kong e della difesa delle peculiarità, che sono anche garantite sul piano legislativo, della vita politica di Hong Kong, rispetto a Pechino. Per Pechino è un serio confronto, è il culmine di un processo che Pechino ha cercato di portare avanti per un’integrazione anche culturale. C’è stata battaglia sui curriculum scolastici, ad esempio, negli anni precedenti. E proprio sul tema della fedeltà patriottica di Hong Kong, rispetto alla madrepatria, che è l’oggetto del contendere, il comportamento di Pechino in questo frangente sarà rivelatore di quale scelta la dirigenza farà in futuro su temi di confronto simili, anche con altre regioni, come ad esempio Taiwan.

D. – Quindi, potrebbe uscire da questo confronto una sorta di cartina di tornasole di quelle che saranno le politiche di Pechino davanti alle aperture che chiederà la società civile?

R. – E’ difficile dire se Hong Kong, in realtà, rispecchi quelle che sono le dinamiche della società civile nella Repubblica Popolare Cinese. Io tenderei a distinguere. La storia di Hong Kong è una storia particolare, peculiare, ci sono delle dimensioni storico-geografiche di cui va tenuto conto. E’ una regione amministrativa speciale e quindi ha delle caratteristiche sicuramente diverse. Fra l’altro, non ritengo che chi sta protestando ad Hong Kong, stia protestando per tutta la Cina. La questione sono proprio le relazioni tra questa regione e il potere centrale, in quel modello di unificazione – un Paese a due sistemi – che era stato proposto, che è stata la base dell’unificazione 17 anni fa. E’ molto difficile, quindi, dirlo, anche perché ci sono delle tensioni culturali tra la società di Hong Kong e la Cina popolare.

D. – Dunque, possiamo parlare più di una protesta autonomista che di un anelito alla democrazia...

R. – Io non lo chiamerei proprio “autonomista”, anche se di fatto a Pechino possono anche apparire così o sono accusati dalla propaganda di essere in parte separatisti. E’ sicuramente l’affermazione di una propria diversità e quindi del rispetto di quello che in fondo era stato promesso quando c’è stata l’unificazione. E riportavo il caso di Taiwan, perché, secondo me, nella prospettiva di una super-unificazione, ovviamente fra le due Repubbliche vicine, credo che tanti settori della società taiwanesi osservino con attenzione quello che sarà il comportamento di Pechino rispetto a questa istanza. Al di là dell’integrazione economica, infatti, che ormai certamente è definitiva tra Hong Kong e la Cina, rimangono aperte questioni legate all’identità culturale e quindi anche alle dinamiche della società civile.








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