2014-10-01 14:11:00

Onu, Giornata anziani. Auser: manca progetto sociale per ogni età


“Senza lasciare nessuno indietro: promuovere una società per tutti” è il tema dell’odierna Giornata internazionale degli anziani, promossa dalle Nazioni Unite. Roberta Gisotti ha intervistato Enzo Costa, presidente dell’Auser, Associazione in Italia tra le più attive sul fronte della terza età:

D. - Presidente Costa, lei ha un passato da sindacalista: chi difende e promuove gli anziani in Italia e nel mondo, soprattutto dalla “cultura dello scarto”, come ha denunciato Papa Francesco?

R. - Questa è una società terribilmente egoista, individuale, che ha fretta, che corre, per cui chi è leggermente più lento viene lasciato indietro, viene - come ha detto giustamente Papa Francesco - scartato. E allora dobbiamo mettere in piedi un meccanismo che rivaluti i vecchi valori che si chiamano coesione sociale, solidarietà.

D. - Nel 2050, gli anziani raddoppieranno nei Paesi in via di sviluppo e in quelli sviluppati ci saranno due anziani ogni bambino. “Questa tendenza - ammonisce il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon - avrà profondi effetti sugli Stati e sugli individui”...

R. - Se parliamo dell’Italia, il 21% dell’intera popolazione ha più di 65 anni e tra qualche anno sarà il 30%. Per cui, è una società che è composta anche di anziani. E gli anziani vanno rispettati. Ha ragione il Papa quando dice: una società che non rispetta gli anziani non è una società civile. Abbiamo bisogno di una società che diventi inclusiva con tutti e per tutto l’arco della vita. Che inizi con i bambini, prosegua nell’età dello studio e nel lavoro, ma anche nell’età post-lavorativa, che un tempo era brevissima mentre oggi ha una durata media che va dai 20 ai 25 anni.

D. - A parole, compresi i politici, tutti difendono in generale la famiglia. Ma ci si ricorda poco degli anziani che sono un "collante" irrinunciabile fra le generazioni…

R. - Si difende la famiglia, e parlo dei politici, perché la famiglia è il più grande ammortizzatore sociale dei bisogni di questa società che, come ho detto prima, corre e consuma tutto in fretta e utilizza gli anziani perché sono percettori di pensione. Noi dobbiamo invece concepire una società a misura di persone, per cui gli anziani possono essere - e lo sono ancora - una risorsa. L’Auser è una testimonianza di questo. Noi siamo nati e operiamo proprio con questa finalità: dare agli anziani una ragione di vita, vuol dire farli sentire utili. Noi abbiamo 304 mila persone associate all’Auser: la stragrande maggioranza, il 95 %, sono anziani e, di questi, 48 mila svolgono attività di volontariato. Fanno delle cose bellissime perché si rendono utili agli altri e contemporaneamente rendono un’utilità a se stessi. Il dramma di questa società è che quando non sei più produttivo - e la produttività è concepita solo in termini economici - non servi più e vieni messo da parte. Invece, gli anziani che operano con noi dimostrano che sono ancora produttivi, molto più produttivi, perché non producono economia monetaria, ma economia sociale: sono utili agli altri. Ecco una società seria dovrebbe avere un progetto di vita per tutte le età.

D. - A proposito di progetto di vita, per gli anziani rimasti soli Papa Francesco ha difeso “le case per anziani, purché - ha detto - siano veramente case e non prigioni! E siano per gli anziani e non per gli interessi di qualcun altro!” Qual è la vostra esperienza?

R. - L’Auser ha fatto uno studio proprio sulle residenze per anziani. Da quello studio, ciò che emerge è una realtà terribilmente triste. Prima ho detto che questa è una società che invecchia. Dovremmo ripensarla, soprattutto nel modo in cui abbiamo trasformato le città. Abbiamo chiuso tutta l’attività di quartiere: dai piccoli negozi, alle piccole botteghe e abbiamo trasferito tutto lungo le circonvallazioni delle città nei grandi centri commerciali. Questo ha sconvolto tutti, da nord a sud del Paese, ed è stato fatto con una logica tipicamente commerciale, speculativa. Oggi, abbiamo dei quartieri che sono svuotati. Dovremmo ripensare a città a misura d’uomo, sapendo che gli anziani hanno delle difficoltà naturali nel movimento, per cui man mano che cresce l’età il raggio di spostamento di una persona anziana diminuisce e il quartiere diventa il luogo amico, il luogo dove trovare serenità, il luogo dove esistono i punti di riferimento. Dobbiamo far rivivere i quartieri! Allora la politica dell’accoglienza non può essere relegata a quello che si chiama “residenza assistita per anziani”, la "Rsa", che un tempo si chiamava “ospizio”. Ma dobbiamo costruire delle politiche abitative che lavorino per tenere l’anziano nel luogo dove ha vissuto. Ne ha diritto, è una persona che per tutta la vita ha lavorato, e in questa società non può essere dimenticata negli anni più delicati della sua esistenza. 








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