2014-09-27 08:37:00

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica


Nella 26.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù racconta una parabola ai principi dei sacerdoti: due figli sono chiamati dal padre a lavorare nella sua vigna. Il primo dice di sì, ma poi non ci va. Il secondo dice di no, ma poi pentitosi, ci va. Quindi dice:

“In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio”.

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

La parabola di oggi ci tocca direttamente. A noi cristiani, come agli Ebrei, è stata rivolta la chiamata del Signore ad andare a lavorare nella Vigna. E noi ogni giorno possiamo rispondere: “No, non ci vado”, ma poi pentirci ed andare, oppure: “Sì, ci vado”, e poi non andare. È il mistero della libertà dell’uomo: possiamo liberamente collaborare con Dio alla nostra salvezza, o liberamente farci condannare, non prendere Dio sul serio, o pensare di averlo in tasca, perché tanto noi siamo già cristiani. Il Padre Cantalamessa commenta: “Questa parabola di Gesù deve far riflettere attentamente - e anche tremare di paura - noi cristiani. Per molti aspetti, noi siamo, infatti, nelle condizioni di spirito degli ebrei.  Noi siamo il figlio cui Dio si è rivolto per primo chiamandolo a lavorare nella sua Vigna, cioè nella Chiesa. Noi siamo coloro che hanno detto una volta di sì. Abbiamo detto di sì con il battesimo e quanti altri ‘sì’ impliciti proferiamo nella nostra vita cristiana! Ma spesso questo ‘sì’ copre solo il rifiuto reale e crea una mentalità ipocrita. Il rischio è che noi ci facciamo una psicologia di salvati per diritto, di privilegiati della salvezza…”, ma senza nessuna conversione seria, senza accogliere la vita di Dio, vivendo con superficialità diabolica nella mentalità del mondo, con i cosiddetti “valori” del mondo. Oggi la parola del Signore non ammette scuse: o entriamo in obbedienza alla fede, o i pubblicani e le prostitute ci precedono nel regno di Dio.








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