2014-09-27 17:01:00

Ancora raid contro l'Is. Mons. Zenari: serve azione politica


"La leadership americana è l'unica sempre costante in un mondo incerto”. Lo afferma il presidente Usa Barack Obama in riferimento alla mobilitazione che ha portato  alla coalizione contro lo Stato islamico, a cui partecipano anche Paesi arabi. Proseguono, infatti, i raid in Siria e in Iraq mentre in serata i jihadisti hanno lanciato razzi contro la città siriana di Ain al-Arab. Intanto il ministro degli esteri russo Lavrov accusa gli Stati Uniti di aver dichiarato il loro diritto a "usare la forza unilateralmente ovunque nel mondo" per difendere i loro interessi. Il servizio di Debora Donnini:

Si intensifica la lotta allo Stato islamico. Il Pentagono fa sapere che fra ieri e oggi sono stati compiuti nuovi raid che hanno colpito 7 obiettivi in Siria e tre in Iraq, a sudovest di Erbil. Secondo l'emittente Al Arabiya, i caccia hanno colpito 18 volte la zona siriana di Raqqa, roccaforte dei miliziani nel nord del paese, e per l'Osservatorio siriano per i diritti umani, per la prima volta le forze della coalizione hanno attaccato anche la provincia centrale di Homs. Intanto si va allargando anche la coalizione. Per il presidente turco Erdogan non bastano i raid aerei ma serve un’operazione di terra e la Turchia potrebbe intervenire a fianco della coalizione per creare una "zona di sicurezza" in Siria. Alla coalizione invece l’Iran ha deciso di non partecipare ma attaccherà i jihadisti in Iraq se questi si avvicineranno ai confini. 

 

Sulla situazione ascoltiamo il commento di mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, al microfono di Marco Guerra:

R. – La sola forza militare non è la soluzione. Bisogna sanare il terreno da questo "humus" che produce questi estremismi, questo terrorismo: se non si tira via da sotto la brace, il fuoco continuerà ancora a bruciare. Quindi, in questi Paesi bisogna mettere mano a riforme serie di democrazia, di pluralismo che coinvolgano tutti i gruppi presenti nel Paese: parlo della Siria, in questo momento, e dell’Iraq, ma soprattutto della Siria. Purtroppo, il conflitto può produrre ancora questi estremismi e la questione della Siria è molto, molto delicata, direi, rispetto a quella dell’Iraq. Per l’Iraq si può intravedere una via di uscita, presto o tardi, ma per la Siria è ancora troppo complicata la situazione… Quindi, l’uso della forza non è “la” soluzione.

D. – La situazione umanitaria resta drammatica: cosa può dirmi dell’emergenza in Siria?

R. – Soprattutto in questi ultimi tempi, quello che si vede è il panico che si sta diffondendo. Molta gente ha paura, è terrorizzata da quello che può capitare, è terrorizzata dall’avanzata di questi estremisti e quindi cerca di scappare… E’ un panico che si diffonde un po’ a tutti gli strati che provoca questi esodi massicci versi i Paesi vicini. I cristiani sono anche loro in questa situazione e bisogna anche ricordare che durante tutto questo conflitto le minoranze sono l’anello più debole della catena, poiché questo Is ha posto l’alternativa: o convertirsi all’islam, oppure pagare un tributo e non ostentare segni religiosi come croci, suono di campane… Chi può, cerca di vendere qualche proprietà e pensa di fuggire all’estero. Tutti, compresi i cristiani.

D. – Lei ha evidenziato il forte sentimento religioso dei musulmani e ha parlato di valori sui quali convergere…

R. – Io direi che un modo di tagliare l’erba sotto ai piedi di questi fondamentalisti è quello di ricuperare, soprattutto in Europa, i valori religiosi che sono molto, molto forti, molto sentiti in questi Paesi musulmani. Loro ci accusano spesso di essere atei e ci accusano di immoralità, è giusto quindi far vedere che l’Europa crede nei valori religiosi e, conseguentemente, crede anche alla pratica di questi valori religiosi. Altrimenti, anche questo sarà un humus per la crescita e lo sviluppo di questi fondamentalismi.








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