2014-09-25 13:02:00

A Roma, il Festival cinematografico per giovani "Alice nella città"


Presentata a Roma l’XI edizione di “Alice nella città”, la sezione autonoma e parallela dedicata ai ragazzi che si affianca al Festival Internazionale del Film di Roma in programma dal 16 al 25 ottobre. Il mondo dei ragazzi raccontato dal cinema, sguardi che vanno dalle coste del Libano alle favelas di Rio de Janeiro. Il servizio di Luca Pellegrini:

Guardare il mondo dal punto di vista dei più giovani, con la loro capacità di meravigliarsi, di divertirsi e di riflettere sul futuro. “Alice nella città” prosegue il suo insostituibile percorso di promozione, divulgazione e sostegno del cinema rivolto alle nuove generazioni. Dodici opere in concorso provenienti da tutto il mondo che si aprono sulle tante realtà che circondano i ragazzi, sui sentimenti che li coinvolgono, sulle paure che li assediano. Ma quest’anno la selezione ha voluto privilegiare uno sguardo più sereno, delicato, cercando in tanti film l’aspirazione alla felicità. Anche quando, come in un bel film tedesco di Mark Monheim, “About a girl”, si rasenta la tragedia. Ce ne parla Fabia Bettini, curatrice della sezione con Gianluca Giannelli:

R. - Quest’anno dobbiamo cercare di essere positivi, ci sono tanti drammi realmente, quindi cerchiamo di essere un po’ più allegri. Quindi anche in concorso abbiamo commedie, una è “Tokio fiancée”, che è una commedia che parla d’amore tra una ragazza francese e un ragazzo giapponese: ognuno di loro lascerà un segno nella vita dell’altro. Ma anche tanta felicità nel fuori concorso, tanto divertimento, con “Doraemon” che ci farà sognare, grandi e piccini, genitori degli anni ’80 con i bambini; ma anche con la tenerezza dell’orso “Paddington”. Immagini veramente che fanno addolcire anche i cuori più duri.

D. - Che cosa racconta il cinema d’oggi ai ragazzi, dopo che avete selezionato tanti film e li avete scelti?

R. – Devo dire che girando il mondo ci sono visioni differenti perché, ad esempio, il cinema inglese è molto crudo e racconta in modo molto semplice ed essenziale le problematiche adolescenziali. Nel film tedesco si parte da un suicidio che poi fortunatamente si trasforma in qualcos’altro, quindi dall’idea di morire che diventa voglia di vivere, che è tipica dell’adolescenza. Non è superficialità, è che gli adolescenti molte volte sentono sensazioni forti e quindi si passa da una cosa all’altra. Ogni Paese rappresenta a modo suo la realtà. La realtà italiana parla molto di separazione e disgregazione della famiglia. Mentre all’estero sono più i ragazzi che raccontano il loro disagio momentaneo negli anni tra i 14 e i 17.

D. - Raccontare una vita fluida: che cosa significa questo?

R. – Vuol dire che niente è fermo. I ragazzi sono sempre in movimento, non sai mai quello che pensano, non sai mai cosa succede. Quello che succede oggi non è quello che succede domani. E’ tutto molto fluido, è tutto molto in itinere e i ragazzi sono così: giorno dopo giorno si svegliano diversi. Quindi noi dobbiamo seguirli, non vanno arginati, vanno seguiti. Non si può stare negli schemi, si deve cercare di dare principi entro i quali muoversi ma non gli schemi, perché se no non funziona nulla.








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