2014-09-24 15:35:00

Teologia. Cettina Militello: bene più donne a tutti i livelli


Il rafforzamento della presenza di teologhe è la caratteristica più evidente della nuova Commissione Teologica Internazionale, i cui 30 membri sono stati nominati lo scorso 26 luglio da Papa Francesco. Cinque le donne presenti ora nella lista, due religiose e tre laiche. Questo aumento della presenza femminile – si legge nel comunicato reso noto ieri – "è un segno di sempre più qualificato impegno delle donne nell’ambito delle scienze teologiche”. Ma come legge questa novità la teologa Cettina Militello, docente di Ecclesiologia, Liturgia e Mariologia presso diverse Facoltà ecclesiastiche di Roma e, dal 2002, direttrice della cattedra Donna e Cristianesimo presso la Pontificia Facoltà Teologica "Marianum". La sua riflessione al microfono di Adriana Masotti:

R. – La leggo in modo assolutamente positivo, perché la mia opinione è che le donne più ci sono, meglio è. E lo dico a tutti i livelli: lo dico per i Dicasteri, per le Commissioni, per tutto quel vissuto di Chiesa che esige finalmente la copresenza di uomini e di donne. Detto questo, rimane sempre da considerare che ancora le donne ne devono fare di strada per essere riconosciute nel loro partenariato, perché cinque rispetto a trenta è ancora una cifra piccolina. Devo dire che sono prevalentemente – per quanto ho capito – delle persone giovani e sono tutte assolutamente qualificate. Rimane, per me, il rammarico che tutto sommato ci sia una rappresentanza del bacino occidentale. Mi sarebbe piaciuto che ci fosse stata nella Commissione qualche qualificata teologa, per esempio, del Sud America: ce ne sono diverse, vivaci e interessanti. Ci sono teologhe anche nell’area asiatica, africana…

D. – La Commissione Teologica Internazionale è chiamata ad aiutare la Santa Sede nell’esame delle questioni dottrinali di maggior importanza e attualità. C’è un contributo particolare che le teologhe possono offrire in tutto questo?

R. – Sicuramente. Le donne offrono la loro sensibilità e la loro competenza. Offrono la loro peculiarità, che è difficile da definire, ma che è un fatto oggettivo. Il problema però, secondo me, è quello di capire quali sono questi problemi più urgenti e a mio avviso sono quelli relativi al ridire la fede, che è secondo me l’emergenza. Ridire la fede, ripensare il simbolo, riesprimerlo in forme contigue alla mutazione culturale: quello sì che è il nostro dovere. E come donne teologhe penso che possiamo dare il nostro contributo. Da questo punto di vista, quello che hanno fatto le bibliste è straordinario, perché è nel confronto con la tradizione perenne che noi possiamo trovare le risposte. La fede tante e tante volte è stata ridetta: oggi siamo a uno snodo terribile di conflitto culturale e siamo chiamati, ancora una volta, a reinventarci la fede non nel senso di dire cose nuove, ma nel senso di dirle in modo da suscitare attenzione. Questo per me è il compito fondamentale della teologia: testimoniare la fede, trasmetterla, ma in coerenza di vita e con un linguaggio nuovo.

D. – In merito al ruolo della donna nella Chiesa, ci sono attese particolari da parte delle teologhe?

R. – In generale, da parte delle teologhe può darsi pure di sì. Io personalmente, però, da Papa Francesco vorrei un’altra cosa: una rapida riforma della Chiesa. Se parte la riforma noi donne ci staremo dentro per peso naturale. Riforma della Chiesa nel senso di avere il coraggio, sulla scia del Vaticano II, di restituire la Chiesa alla sua bella forma originaria. Quindi, liberarsi di tutto quello che è sovrastruttura, ritornare all’essenziale del Vangelo, che poi è quello che Papa Francesco vuole.








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