2014-09-16 15:01:00

Perego: sì a visti d'ingresso a migranti per contrastare trafficanti


“I morti nel mar Mediterraneo sono omicidi e non incidenti”: così si è pronunciato oggi l’ufficio del Commissario Ue agli affari interni, Cecilia Malmstrom, riferendosi alle centinaia di immigrati morti o dispersi nei naufragi di questi giorni, aggiungendo che l’Unione rafforzerà le sue azioni contro i trafficanti di esseri umani. Intanto sulle coste italiane nelle ultime ore sono giunti centinaia di migranti soccorsi dal dispositivo di Mare Nostrum. Il numero più ingente è sbarcato a Salerno: 837 le persone giunte a bordo di una nave militare per lo più di nazionalità eritrea, somala, siriana, palestinese, sudanese. Tra loro anche 140 minori. Altre 500 sono invece arrivate a Vibo Valentia. E domani ad Augusta in Sicilia, vi sarà una riunione della commissione Cei per le Migrazioni e di Fondazione Migrantes. All’ordine del giorno, il problema dei richiedenti asilo e rifugiati in Italia e quello degli sbarchi e dell’accoglienza in Sicilia. Su perché della scelta di Augusta, Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Giancarlo Perego, direttore di Migrantes:

R. – Per dare un segnale forte di una presenza della Chiesa italiana, laddove le nostre comunità parrocchiali stanno vivendo questo gesto così importante di accoglienza di molti migranti. Non poteva che essere la Sicilia la nostra scelta, in particolare Augusta, uno dei luoghi in cui portare il nostro ringraziamento, come Migrantes e come Conferenza episcopale italiana, a chi sta vivendo i gesti dell’ospitalità concretamente. Soprattutto incontrando alcuni dei protagonisti, i parroci di Augusta, che hanno vissuto in prima persona questo gesto di accoglienza e che stanno educando le comunità a sentire forte la necessità di non chiudersi di fronte ad una realtà quale è l’immigrazione, ma a dare dei segnali che possano essere anche interpretati dalla società civile e dalla politica.

D. – I parroci di Augusta in una lettera aperta scrivono: “Fratello che fuggi dalla guerra o dalla miseria sii il benvenuto”. Ma questi fratelli sono i benvenuti qui in Italia?

R. – Diciamo che proprio da Augusta viene forte questa esperienza positiva, che speriamo si allarghi e diventi un’esperienza comune di tutte le nostre comunità, di tutte le nostre città. Sappiamo come tante volte si faccia fatica a leggere queste migrazioni forzate come un aspetto importante dentro la vita di una città, su cui ripensare anche la stessa città. Da Augusta viene forte invece un’esperienza positiva, che possa essere letta al Sud come al Nord del nostro Paese, e possa aiutare le nostre città a capire l’importanza di strutturare i nostri luoghi di vita anche per accogliere persone in fuga, sapendo che questo non è solo un diritto da parte di queste persone, ma anche un dovere da parte delle nostre comunità che riconoscono questo diritto.

D. – Lei, all’indomani di un’ennesima tragedia, questa volta nelle acque libiche, ha lanciato la richiesta che si rafforzi la possibilità di visti d’ingresso nei Paesi europei, per chi fugge da conflitti e da persecuzioni. Su questa linea è fermo anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite. E’ dunque fondamentale che l’Europa capisca la necessità di dare visti umanitari...

R. – Certamente. Se non si dà da subito una regolarità ad un percorso per colui che è richiedente asilo, o che comunque chiede una protezione internazionale, il rischio è che questo percorso venga gestito da altre organizzazioni. Il visto d’ingresso quindi è un primo strumento importante, credo, anche per combattere chi si arricchisce su questi viaggi della speranza.

D. – Siamo al bivio che ci fa lasciare Mare Nostrum per avviarci verso Frontex Plus. Le sue perplessità quali sono?

R. – Che non si riesca a fare la stessa grande operazione umanitaria che è stata fatta con Mare Nostrum e cioè di andare alla ricerca nel Mediterraneo di chi è in difficoltà e ha intrapreso un viaggio per portarlo in salvo sulle nostre coste. Temo che ci si possa fermare semplicemente a presidiare dei confini. Abbiamo già visto in altre occasioni come presidiare i confini significhi tante volte lasciar morire tantissime persone.

D. – Che cosa si augura che emerga alla fine della vostra riunione di Augusta?

R. – Che emerga forte l’interesse e l’impegno della Chiesa italiana nei confronti di chi arriva sul territorio italiano, ed emerga anche forte il moltiplicarsi dell’impegno, dell’accoglienza dentro le nostre comunità. Augusta è un po’ il segno di una Chiesa in Italia che vuole fare dell’accoglienza una delle esperienze fondamentali per rileggere il proprio umanesimo e per aiutare anche le città a rileggere questa capacità di valorizzare e salvaguardare la dignità di ogni persona come un aspetto centrale del nostro cammino storico.








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