2014-09-12 07:41:00

Obama ricorda l'11 settembre: non cederemo alla paura


L'America non cederà alla paura". Barack Obama ieri ha ricordato gli attentati dell'11 settembre e, guardando avanti, è tornato a delineare la strategia per combattere lo Stato Islamico. I particolari da Alessandro Guarasci

Alcuni lenti rintocchi di una campana a Ground Zero hanno ricordato il momento esatto in cui l'11 settembre 2001 gli aerei dirottati dai terroristi di al Qaida si schiantarono il World Trade Center. Allo stesso tempo, il presidente Obama e la first lady Michelle, con la mano destra sul cuore, hanno osservato un minuto di silenzio in una cerimonia alla Casa Bianca. A distanza di 13 anni, la minaccia non è cambiata. Al Pentagono Obama afferma che "l'America sarà capace di mobilitare il mondo guidando una grande coalizione per distruggere la minaccia jihadista". “Per chi minaccia l'America non ci possono essere rifugi sicuri", afferma, ammettendo per la prima volta esplicitamente che i caccia Usa sono pronti a sferrare un'ondata di raid anche sulla Siria, dove si trovano le principali roccaforti del ‘califfato’. “Gli americani, comunque, vanno avanti – dice il presidente Usa -  e non devono mai cedere alla paura”. D’accordo dieci Paesi arabi e del Nordafrica disposti ad appoggiare gli Usa. Un piano che però non piace per niente a Mosca. La Russia afferma che il piano di raid contro lo Stato Islamico senza il via libera dell’Onu sono un"esplicita violazione" del diritto internazionale.

 

Obama ha dunque annunciato una coalizione internazionale, con raid americani anche in Siria e ovunque sarà necessario colpire i terroristi, operazioni sul terreno condotte dai gruppi di opposizione siriani e dal ricostituito esercito regolare iracheno. Il piano, che prevede l’invio di soldati Usa come istruttori e formatori, include anche la formazione di una guardia nazionale a Baghdad che consenta ai cittadini sunniti di unirsi alla lotta contro l’Is. Ma cosa vuol dire per Obama - nell’anniversario dell’11 settembre - indebolire e distruggere lo Stato islamico? Risponde Stefano Maria Torelli, ricercatore per il Medio Oriente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), intervistato da Giada Aquilino:

R. - Dobbiamo distinguere due livelli del discorso di Obama. Uno è il messaggio che il presidente manda proprio nel giorno dell’anniversario dell’11 settembre, in un momento in cui anche a livello interno la sua presidenza è stata fortemente criticata per essere stata - diciamo così - troppo debole con il terrorismo islamico in Medio Oriente e in un momento in cui sono alle porte le elezioni di medio-termine a novembre. Il messaggio è far vedere, soprattutto alla nazione, che farà qualcosa per combattere il fenomeno dello Stato Islamico in Medio Oriente. Il secondo aspetto è, invece, più concretamente cosa vuol dire ‘distruggere’ o ‘indebolire’ lo Stato Islamico in Medio Oriente. Da questo punto di vista, in realtà, Obama non lancia grandi novità. Sostanzialmente ha ribadito che proporrà una coalizione che si limiterà ad una serie di interventi - soprattutto attacchi aerei - contro lo Stato Islamico in Iraq e in Siria, ma che per il momento non è previsto alcun tipo di coinvolgimento diretto di militari sul terreno. Quindi questo vuol dire che sostanzialmente si continua a fare quello che già si sta facendo, ma in maniera più intensificata e cercando e sperando di coinvolgere una coalizione, la più ampia possibile.

D. - Sono previsti raid in Siria e operazioni sul terreno condotte dall’opposizione siriana. Ma questo come si rapporta poi con la situazione in Siria: che reazione avrà Assad? L'agenzia governativa siriana ‘Sana’ ha già criticato il piano Usa…

R. - La questione è abbastanza delicata. E’ ipotizzabile che anche ad Assad possa far comodo un’azione statunitense contro l’Is; probabilmente di meno gli può far comodo il supporto - anche materiale - che gli Stati Uniti possono dare a gruppi ribelli allo stesso Assad. Quindi questo è un punto che andrebbe maggiormente chiarito dalla presidenza statunitense.

D. - Una strategia che prevede raid statunitensi, operazioni sul terreno condotte da forze locali, per esempio il "Free Syrian Army" e l’esercito di Baghdad, ma anche il coinvolgimento dei sunniti moderati. Quindi si punta a separare gli estremisti dal resto dei sunniti?

R. - Questa è una delle priorità in questo momento, direi. Com’era già stato fatto, con successo in realtà, dal generale Petraeus negli anni addietro, la chiave di volta per sconfiggere lo Stato Islamico in questo caso è sicuramente quella di coinvolgere la popolazione, le tribù sunnite e portarle dal lato statunitense o comunque contro lo Stato Islamico: perché in questo momento se non si può dire che le tribù e le popolazioni sunnite sono alleate dello Stato islamico, sicuramente però si può dire che non vi è una insurrezione locale contro lo stesso.

D. - Obama ha fatto cenno alle atrocità commesse dall’Is: uccisione di prigionieri e di bambini, forme di schiavitù, violenza sulle donne, persecuzioni sulle minoranze religiose… Cosa è cambiato da Al Qaeda dell’11 settembre allo Stato islamico di oggi?

R. - Sebbene sentiamo tanto parlare del fatto che - ed è vero - in questo momento Stato Islamico e Al Qaeda siano di fatto dei nemici sul campo, in qualche modo l’Is è figlio di Al Qaeda: lo Stato Islamico non è una organizzazione che nasce oggi, ma ha le sue radici addirittura a quasi 10 anni fa, quando nacque appunto la cosiddetta Al Qaeda in Iraq, organizzazione che aveva prestato fedeltà ad Al Qaeda. Poi, con il tempo, ha cambiato nome in Stato Islamico: le visioni e gli interessi locali sono stati sempre più divergenti fino a che l’Is adesso è nemico anche di Al Qaeda. Però non dobbiamo dimenticare questa origine quasi comune: lo Stato Islamico di fatto parte come un’emanazione di Al Qaeda. Oggi sicuramente gli obiettivi sono diversi e sono diverse anche le tattiche che vengono usate: Al Qaeda sostanzialmente, seppure avesse una propaganda di incitamento alla costituzione di un Califfato, come fa anche lo Stato Islamico, non ha mai messo in pratica una sorta di attacco e controllo diretto sul territorio, come invece sta facendolo adesso l’Is.

 








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