2014-09-11 19:13:00

Obama al Pentagono: mai soccombere alla paura, pronti a distruggere l'Is


Obama parla al mondo nel 13esimo anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle: mai soccombere alla paura dice - poi conferma la sua strategia prolungata contro la nuova minaccia terroristica dello Stato islamico che arriva dall’Iraq e dalla Siria, il sostegno alle truppe locali, la creazione di un’ampia coalizione guidata dall’America. E la Russia parla di “esplicita violazione”.  Cecilia Seppia
 

 
"L’America non si arrende alla paura e dalle tragedie nazionali esce sempre rafforzata". Così il presidente Obama nel discorso di commemorazione al Pentagono tredici anni dopo quella cospirazione intrapresa – dice – da "menti limitate e piene di odio".  Ma il monito del Capo della Casa Bianca oggi, è al mondo intero, di fronte ad una nuova minaccia quella dello Stato islamico, che da mesi semina terrore: combatteremo i miliziani con forza e risolutezza ovunque siano ha aggiunto, certo che se l’Is non verrà combattuto potrebbe trascinare gli Stati Uniti in un nuovo conflitto. Il piano di Washington, annunciato nella notte, prevede un’azione prolungata e capillare più di quella usata contro al Qaeda in Yemen, Pakistan, e Afghanistan, con raid massicci, e il supporto alle forze locali sia in Iraq che in Siria dove l’Is ha creato il suo Califfato. Nessun soldato statunitense per ora combatterà sul terreno, alcuni saranno stazionati in Arabia Saudita per addestrare i gruppi moderati; circa 500 marines sono stati inviati invece in Iraq per sostenere l’esercito; potenziata anche l’Intelligence e l’assistenza umanitaria. Da qui l’annuncio di un’ampia coalizione a guida americana per respingere il cancro del terrorismo islamico, che – ha chiarito Obama – non ha nulla a che vedere con l’Islam, perché nessuna religione giustifica la barbarie. Plauso alle parole del presidente arriva da più parti, l’Italia si è detta pronta ad offrire aerei da rifornimento, sostegno pure da 10 Paesi islamici, la Gran Bretagna non esclude il suo intervento nei raid; non ci stanno invece l’Iran e la Siria, la Russia che condanna come una "esplicita violazione" del diritto il piano americano soprattutto in assenza di un mandato dell’Onu.

Obama ha dunque annunciato una coalizione internazionale, con raid americani anche in Siria e ovunque sarà necessario colpire i terroristi, operazioni sul terreno condotte dai gruppi di opposizione siriani e dal ricostituito esercito regolare iracheno. Il piano, che prevede l’invio di soldati Usa come istruttori e formatori, include anche la formazione di una guardia nazionale a Baghdad che consenta ai cittadini sunniti di unirsi alla lotta contro l’Is. Ma cosa vuol dire per Obama - nell’anniversario dell’11 settembre - indebolire e distruggere lo Stato islamico? Risponde Stefano Maria Torelli, ricercatore per il Medio Oriente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), intervistato da Giada Aquilino:

R. - Dobbiamo distinguere due livelli del discorso di Obama. Uno è il messaggio che il presidente manda proprio nel giorno dell’anniversario dell’11 settembre, in un momento in cui anche a livello interno la sua presidenza è stata fortemente criticata per essere stata - diciamo così - troppo debole con il terrorismo islamico in Medio Oriente e in un momento in cui sono alle porte le elezioni di medio-termine a novembre. Il messaggio è far vedere, soprattutto alla nazione, che farà qualcosa per combattere il fenomeno dello Stato Islamico in Medio Oriente. Il secondo aspetto è, invece, più concretamente cosa vuol dire ‘distruggere’ o ‘indebolire’ lo Stato Islamico in Medio Oriente. Da questo punto di vista, in realtà, Obama non lancia grandi novità. Sostanzialmente ha ribadito che proporrà una coalizione che si limiterà ad una serie di interventi - soprattutto attacchi aerei - contro lo Stato Islamico in Iraq e in Siria, ma che per il momento non è previsto alcun tipo di coinvolgimento diretto di militari sul terreno. Quindi questo vuol dire che sostanzialmente si continua a fare quello che già si sta facendo, ma in maniera più intensificata e cercando e sperando di coinvolgere una coalizione, la più ampia possibile.

D. - Sono previsti raid in Siria e operazioni sul terreno condotte dall’opposizione siriana. Ma questo come si rapporta poi con la situazione in Siria: che reazione avrà Assad? L'agenzia governativa siriana ‘Sana’ ha già criticato il piano Usa…

R. - La questione è abbastanza delicata. E’ ipotizzabile che anche ad Assad possa far comodo un’azione statunitense contro l’Is; probabilmente di meno gli può far comodo il supporto - anche materiale - che gli Stati Uniti possono dare a gruppi ribelli allo stesso Assad. Quindi questo è un punto che andrebbe maggiormente chiarito dalla presidenza statunitense.

D. - Una strategia che prevede raid statunitensi, operazioni sul terreno condotte da forze locali, per esempio il "Free Syrian Army" e l’esercito di Baghdad, ma anche il coinvolgimento dei sunniti moderati. Quindi si punta a separare gli estremisti dal resto dei sunniti?

R. - Questa è una delle priorità in questo momento, direi. Com’era già stato fatto, con successo in realtà, dal generale Petraeus negli anni addietro, la chiave di volta per sconfiggere lo Stato Islamico in questo caso è sicuramente quella di coinvolgere la popolazione, le tribù sunnite e portarle dal lato statunitense o comunque contro lo Stato Islamico: perché in questo momento se non si può dire che le tribù e le popolazioni sunnite sono alleate dello Stato islamico, sicuramente però si può dire che non vi è una insurrezione locale contro lo stesso.

D. - Obama ha fatto cenno alle atrocità commesse dall’Is: uccisione di prigionieri e di bambini, forme di schiavitù, violenza sulle donne, persecuzioni sulle minoranze religiose… Cosa è cambiato da Al Qaeda dell’11 settembre allo Stato islamico di oggi?

R. - Sebbene sentiamo tanto parlare del fatto che - ed è vero - in questo momento Stato Islamico e Al Qaeda siano di fatto dei nemici sul campo, in qualche modo l’Is è figlio di Al Qaeda: lo Stato Islamico non è una organizzazione che nasce oggi, ma ha le sue radici addirittura a quasi 10 anni fa, quando nacque appunto la cosiddetta Al Qaeda in Iraq, organizzazione che aveva prestato fedeltà ad Al Qaeda. Poi, con il tempo, ha cambiato nome in Stato Islamico: le visioni e gli interessi locali sono stati sempre più divergenti fino a che l’Is adesso è nemico anche di Al Qaeda. Però non dobbiamo dimenticare questa origine quasi comune: lo Stato Islamico di fatto parte come un’emanazione di Al Qaeda. Oggi sicuramente gli obiettivi sono diversi e sono diverse anche le tattiche che vengono usate: Al Qaeda sostanzialmente, seppure avesse una propaganda di incitamento alla costituzione di un Califfato, come fa anche lo Stato Islamico, non ha mai messo in pratica una sorta di attacco e controllo diretto sul territorio, come invece sta facendolo adesso l’Is.








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