2014-09-05 13:01:00

Siria, timori per le armi chimiche: potrebbero passare all'Is


Intensi combattimenti si sono registrati oggi in Siria. Un quartiere di Damasco è stato oggetto di 15 raid aerei da parte delle forze governative che hanno anche ucciso 18 miliziani in un’operazione a Garba: tra le vittime, un cittadino statunitense. Il Pentagono ha denunciato la presenza di oltre 100 americani al fianco dei combattenti jihadisti. Intanto gli Usa hanno espresso preoccupazione per la possibilità che le armi chimiche, ancora presenti in Siria, finiscano nelle mani del sedicente Stato islamico (Is). E’ un timore fondato? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Pietro Batacchi, direttore di Rivista Italiana Difesa:

R. – Più che di timore fondato, parlerei di una realtà. Finora è stato dimostrato anche dalla stessa Onu che le armi chimiche in Siria sono state impiegate pure dai ribelli; probabilmente non da Is, quanto piuttosto da Al Nusra e dal Fronte islamico, però è una realtà che c’è. Per cui il timore che tali armi, che comunque dovrebbero ancora esserci in Siria in qualche misura e in qualche modo difficile da valutare e accertare, è che possano finire nelle mani di Is, posto che Is non le abbia già …

D. – C’è, dunque, questo rischio?

R. – Is è una realtà che è molto, molto bene organizzata, è una realtà finanziariamente forte, militarmente ben organizzata e compatta. Non mi stupirei che comunque il gruppo abbia già la disponibilità di una qualche forma di arma chimica. Chiaramente, quando si parla di arma chimica si intende precursori chimici, scarti o scorie di armi chimiche dismesse e così via. Non si parla di sistemi d’arma in quanto tale, ovviamente. Ripeto: stiamo parlando di un’organizzazione terroristica molto organizzata, strutturata che ha nei suoi ranghi anche personale militare professionale, peraltro preso a contratto. Questa la dice lunga anche sulle capacità finanziarie del gruppo: considerando che si è ormai gettato nel business del contrabbando di petrolio, nel business dei sequestri, controllando così un’ampia porzione del territorio in Siria e in Iraq, in grado di imporre tasse e riscuotere gabelle.

D. – Quali sono i Paesi in grado di vendere ai miliziani jihadisti queste armi?

R. – Più che di Paesi, parlerei di segmenti di alcuni Stati o di acquisti che l’Is può fare direttamente al mercato nero. Del resto, gli aggressivi chimici, i precursori chimici sarebbero anche disponibili sullo stesso mercato nero. Chiaramente poi, l’impiego militare è un’altra cosa.

D. – L’arsenale siriano non era in fase di smantellamento?

R. – L’arsenale siriano, quantomeno quello ufficiale, è stato smantellato con gli accordi che erano stati presi lo scorso anno tra la comunità internazionale, l’Onu, la Siria, gli Stati Uniti e la Russia. Probabilmente, c’è ancora qualcosa di ufficioso, di non dichiarato e c’è qualcosa che negli scorsi mesi, negli scorsi anni dall’arsenale stesso è fuoriuscito a causa della guerra civile, degli scontri, delle battaglie in atto su tutto il territorio siriano. Per cui, è difficile stabilire che cosa vi possa essere ancora in Siria in forme ufficiali, ufficiose ed è comunque una minaccia concreta, un rischio che la comunità internazionale e la regione possono correre.

D. – Quanto costa smantellare un arsenale chimico, nel caso siriano, appunto?

R. – Ha un costo significativo, perché si sono dovuti monitorare i siti, fare la geografia di ciò che era disponibile, poi da lì si è dovuto stoccare tutto portandolo in aree di sicurezza; a quel punto è stato necessario il trasporto nelle zone portuali siriane e poi da lì l’imbarco sulle navi e il successivo smantellamento e la neutralizzazione delle sostanze. Per cui, comunque si tratta di operazioni molto costose che coinvolgono un gran numero di personale, di mezzi e di navi.








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