2014-09-05 11:26:00

Cento anni fa moriva Charles Péguy. Intervista con don Massimo Serretti


Cento anni fa, il 5 settembre 1914, moriva lo scrittore e saggista francese Charles Péguy. Socialista, si convertì a 34 anni al cattolicesimo: animo appassionato e radicale, al centro della sua opera poetica è il Dio fatto carne, che diventa attenzione al dramma degli esclusi. Sulla figura di Péguy, Antonio Elia Migliozzi ha intervistato don Massimo Serretti, docente presso la Pontificia Università Lateranense:

R. – Questo autore presenta una biografia singolare, nel senso che c’è stato un periodo della sua vita in cui è vissuto nella fede, nell’appartenenza alla Chiesa, poi ha avuto una seconda fase in cui si è allontanato e poi c’è stato un grande ritorno. Questa fase comprende gran parte delle sue opere, la sua bibliografia. In particolare, la grande trilogia, i tre grandi misteri: sulla carità di Giovanna D’Arco, il Portico del Mistero della seconda virtù, quindi sulla speranza, e il Mistero dei Santi Innocenti. E nella Parigi dell’inizio secolo lui é una figura che si staglia un po’ come solitaria, pur avendo grandi amicizie, come ad esempio con Jacques Maritain e con altri personaggi.

D. - Concetto importante in Péguy è lo stupore…

R. – L’animo di Péguy è un animo poetico, anche se la sua opera ha diverse facce, quella più importante è quella costituita da queste tre opere che ho menzionato, che sono opere teatrali che si sviluppano su una linea fondamentalmente poetica. Poi c’è la parte dell’opera, i Cahiers della Quinzaine, questa rivista che lui pubblicava in Rue de la Sorbonne numero 8, dove aveva la sua stanza di lavoro, proprio davanti alla grande istituzione universitaria della Sorbonne. Ecco, in questa opera, la parte principale naturalmente ce l’ha la parte poetica. La poesia nasce sempre dallo stupore: lo stupore è centrale da questo punto di vista in tutta la sua opera. E in particolare c’è una meditazione sullo stupore legata all’inizio, al punto in cui le cose iniziano. Lui afferma che le cose nel loro inizio hanno una loro bellezza, una loro verità, che poi in qualche modo risplende in tutto il seguito ma che in quella forma non si ripresenta più. Questo inizio per lui non è solo l’inizio del germe, della gemma, del verde speranza da cui nasce la vita: questo inizio per lui, fondamentalmente, è il battesimo. Il battesimo è l’inizio che è un inizio posto da Dio, oppure l’inizio ancora prima del battesimo è la creazione, quindi un’azione di Dio che pone un punto di partenza sul quale poi si regge tutto il resto.

D. – Quanto è attuale il suo pensiero nella società del nostro tempo?

R. – Péguy è un autore di calibro universale, la cui attività non verrà mai meno, nel senso che la sua meditazione - che si svolge sempre nell’intreccio tra ordinario, tra il mistero dell’uomo e il mistero di Dio: l’incarnazione, questo è il suo  è il suo punto di forza – questa meditazione sul mistero non verrà mai meno. E’ incredibile come in questo autore, pur essendo un autore “laico”, sono presenti pagine in cui si trovano meditazioni che è difficile riscontrare a livello teologico, su questioni che riguardano il mistero di Dio. Quindi, l’attualità è indiscutibile e indiscussa dei suoi lavori, dei suoi scritti. Prova e testimonianza nel fatto che le sue opere, a cento anni dalla sua morte, sono ancora stampate, stampate e ristampate, editate e rieditate, anche in Italia. Quindi evidentemente questa è un’attestazione chiara ed esplicita della vitalità e anche del carattere sovratemporale di quello che lui ci ha donato, ci ha offerto.








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