2014-09-02 13:40:00

Il riscatto dei bambini di Beslan: oggi giovani studenti


Sono oggi giovani adulti i bambini sopravvissuti all’orrore dei fatti di Beslan, l’agguato di terroristi ceceni nella scuola dell’Ossezia esattamente 10 anni fa. 186 loro coetanei sono pianti in quello che è stato definito il "Cimitero degli angeli". In tutto sono stati 334 i morti, tra i quali alcuni insegnanti e genitori. Morti anche i terroristi che per tre giorni hanno tenuto segregate 1.100 persone. Il dramma è cominciato durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico e si è concluso il 3 settembre con il blitz delle teste di cuoio russe. Ma dopo il blitz gli, scontri continuarono: alcuni ribelli in fuga, tra cui due donne con esplosivo addosso, cercarono di raggiungere i bambini che fuggivano per farsi saltare in aria con loro. In questi anni, l’Italia si è distinta per il supporto psicologico assicurato ai sopravvissuti da un’equipe di medici di Padova, grazie all’impegno dell’Associazione “Aiutateci a salvare i bambini”. Fausta Speranza ha intervistato il presidente dell’Associazione, Ennio Bordato:

R. – La tragedia è presente tutti i giorni, in tutte le famiglie, nella popolazione della città di Beslan e dell’Ossezia e della Russia. Dove ci sono famiglie che alle spalle hanno una capacità di intervento e di gestione delle dinamiche di relazione, troviamo la situazione migliore. Laddove la famiglia non è in grado di fare questo, o purtroppo a causa dell’attentato la famiglia si è disgregata, i genitori sono morti, comunque la situazione è involuta negativamente, la situazione non è assolutamente migliorata. E’ una tragedia che permane tuttora ed è viva nella carne e nel sangue della popolazione osseta e della Russia intera.

D. – Nell’immaginario è una sorta di 11 settembre, di spartiacque del tempo?

R. – E’ una tragedia che ha colpito un popolo intero, un popolo che rappresentava all’interno della Russia un’isola cristiana in mezzo a un mare di popolazioni musulmane. Una popolazione, quella osseta, che ha sempre avuto rapporti geopolitici con Mosca. E’ una situazione di una complessità assoluta. Però, direi che la cosa importante è che dall’Italia noi siamo riusciti a intervenire e in effetti riscontriamo che l’intervento che l’Università di Padova ha compiuto è un intervento che è stato mirato e che è un intervento riuscito. Ora, seguiamo ancora la situazione, abbiamo rapporti, ma direi che da questo punto di vista possiamo dire che l’Italia è stata l’unica – ci è stato riconosciuto stamattina dal governo dell’Ossezia – che è riuscita a intervenire portando capacità di intervento vero all’interno di questa problematica terribile di una tragedia infinita.

D. – Sicuramente, nella popolazione della zona è stata fatta una riflessione profondissima al di là del dolore umano su quanto accaduto…

R. – L’Associazione “Madri di Beslan” andrà al tribunale dei diritti dell’uomo di Strasburgo perché vuole vedere riconosciuta la problematica della complessità e della grande pochezza delle strutture locali sull’intervento. Certo, su questo io non posso pronunciarmi perché la questione è stata complicata, anche dal punto di vista politico. Si sono riscontrate una serie di problematiche che credo però potrebbero sorgere in qualsiasi parte del mondo data la complessità della cosa: 1.200 persone in una scuola, in quelle situazioni di precarietà. Quasi un problema insuperabile. Comunque c’è dibattito, c’è anche il governo locale che è intervenuto, c’è la popolazione intera che discute a dieci anni dall’attentato.

D. – I bambini dei fatti di Beslan oggi sono adolescenti, giovani: cosa dire delle difficoltà di questi bambini di affacciarsi al mondo, alla realtà, alla positività, dopo aver visto tanto orrore?

R. – Sono diventati tutti grandi. Sono ragazzi, giovani che hanno cominciato, quasi tutti, l’università. Se ne sono andati di qui, dall’Ossezia, per motivi di studio. Sono andati a Mosca e San Pietroburgo. Di quanto è successo non ne parlano volentieri, questo mi sembra chiaro, ma laddove ci si ferma e si riflette l’umanità poi rinasce. Queste persone che hanno vissuto questi momenti che sono stati di assoluto male, hanno “razionalizzato” e sono oggi molto disponibili al futuro, molto disponibili al bene, ad andare avanti ma andare avanti in termini assai positivi. Non dimenticando, perché è impossibile dimenticare, ma dando un segnale che la vita continua in termini positivi: hanno fatto l’enorme sforzo di recuperare i momenti positivi e la capacità di essere “portatori” di bontà all’interno di questo drammatica esperienza. Credo  sia un messaggio molto bello quello che sta arrivando da Beslan, da chi ha vissuto i tre giorni in quella scuola maledetta.








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