2014-08-28 13:07:00

Centro Astalli: speranze e dubbi per "Frontex Plus"


L’Europa cerca vie per fronteggiare l’emergenza migratoria, dopo l’invito dell’Onu a non lasciare sola l’Italia. Nelle ultime ore circa 700 persone sono arrivate sulle coste della Sicilia. Da Bruxelles, ieri sera, il ministro dell’Interno Alfano e il commissario europeo Malmstrom, hanno preannunciato che l’operazione Frontex Plus sostituirà, forse già a novembre, la missione di salvataggio, tutta italiana, “Mare Nostrum”. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Bernardino Guarino, responsabile progetti del Centro Astalli:

R. – Certamente, va compresa la posizione del governo italiano che cerca una soluzione europea più condivisa, come è nell’auspicio anche delle Nazioni Unite. Però, la paura c’è perché ci sembra di capire che si chiederà in maniera volontaria agli Stati di dare una mano all’Italia. Quindi, questo vuol dire tutto e il contrario di tutto.

D. – “Frontex” è stato sempre percepito come un pattugliamento che tende a impedire a chi cerca salvezza nel Mediterraneo approdi nei Paesi di confine, “Mare nostrum” invece come una realtà tesa a salvare le persone. “Frontex plus” che volto avrà?

R. – Tutto dipenderà dal mandato politico che riceverà, perciò torniamo sempre al punto nodale: cosa vuole fare l’Europa. Perché, in realtà anche “Frontex” ha tra i suoi compiti quello di salvare le vite, solo che l’input che aveva ricevuto era fondamentalmente di impedire l’accesso. Quindi, non ha mai fatto recupero di persone che erano in mare, nonostante anche questo fosse tra i propri compiti. Il problema però di “Frontex” è che ha un numero molto esiguo di navi, per cui se “Frontex plus” diventa qualcosa di simile a “Mare nostrum” può avere un senso. Altrimenti, sarà solo una maniera per l’Italia di uscire in maniera onorevole da una situazione che adesso economicamente comincia a diventare pesante. Però, il costo umano sarà altissimo.

D. – L’auspicio della Malmström nel ribadire “più Paesi devono darsi da fare per accogliere i rifugiati” potrebbe rimanere lettera morta?

R. – La Malmström può fare poco se i governi europei, soprattutto quelli più importanti, non si impegneranno. Ancora l’altro giorno, la Germania accusava l’Italia di far passare troppi rifugiati verso i Paesi del nord. Quindi, è una partita tutta politica in cui dipenderà molto da cosa l’Europa vuole essere: se vuole essere un Paese che effettivamente mette le persone al centro, in maniera democratica, accoglie chi scappa dalle guerre e dà protezione, o se semplicemente vuole essere un continente preoccupato di chiudere i propri confini.

D. – A Bruxelles, si è parlato anche della distruzione delle barche dei trafficanti. Però, non si parla dei presidi nei Paesi di confine per poter già vagliare le persone che hanno diritto allo status di rifugiato. Perché non si affronta questo punto?

D. – Perché non c’è un accordo politico e perché la situazione nei Paesi terzi, soprattutto la Libia, è molto complicata. Però, l’Europa non risolverà mai questa questione mettendo in sicurezza le persone, se non risponderà alla domanda: una persona che oggi scappa dall’Iraq, dalla Somalia, dall’Eritrea, come fa ad arrivare in maniera legale in Europa? E’ questa la domanda a cui i governi non vogliono dare una risposta.

D. – Perché non c’è questa risposta? Pesa economicamente perché ci sono problemi di relazione tra gli Stati?

R. – No, perché gli Stati non si mettono d’accordo tra loro e ciascuno non si fida dell’altro e quindi pensa che l’altro in qualche modo gli voglia dare un peso maggiore di quello che attualmente sostiene. Per cui, ciascuno prova a giocare in difesa ma, alla fine, questo vuol dire emergenza, vuol dire non saper governare i flussi… E tutti, paradossalmente, ci vanno di mezzo economicamente.








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