2014-08-27 06:51:00

Giovanni Paolo I nel ricordo del cardinale Stella


Un sacerdote che ha vissuto nell’umiltà, nella carità e nell’obbedienza, facendo coincidere quanto insegnava con la sua vita: è il profilo spirituale di Albino Luciani tracciato dal cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero. Ieri pomeriggio, giorno in cui ricorreva il 36.mo anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo I, il porporato ha celebrato la Messa nella parrocchia di San Giovanni Battista a Canale d’Agordo, paese natale di Luciani, su invito del vescovo, mons. Giuseppe Andrich, e del parroco, don Mariano Baldovin.

«Con lui condivido le radici in questa terra veneta» ha detto il cardinale, confidando di averlo «conosciuto da vicino, anche come mio vescovo, per undici anni, dopo aver partecipato a Roma alla sua consacrazione episcopale». E ha ricordato in proposito - riporta l'Osservatore Romano,- che fu proprio Luciani che «nell’ottobre del 1965, alla fine del concilio ecumenico Vaticano II, rispose di sì alla Segreteria di Stato che mi richiedeva per il servizio della Santa Sede».

È dunque «come adempiendo un voto di riconoscenza alla sua persona» che il porporato ha scelto di «parlare di Albino Luciani in quanto sacerdote, con particolare accento sul tema della vocazione sacerdotale». Infatti, ha affermato, «Papa Luciani sarà ricordato soprattutto come un modello di vita sacerdotale: un sacerdote trasparente, zelante e senza ipocrisia, con una vita tutta volta a rendere visibile e credibile la sostanza del Vangelo — nell’umiltà, nella carità e nella povertà — con una stupenda coincidenza tra quanto insegnava e quanto praticava e viveva, nella fedeltà quotidiana alla sua vocazione, in tutto il suo percorso, da giovane prete fino alla cattedra di Pietro».

Luciani, ha evidenziato il prefetto, «ha speso le sue energie, prima come docente e vicerettore del seminario, poi come vicario generale a Belluno e come vescovo a Vittorio Veneto, nella cura delle vocazioni e dei sacerdoti. Ha voluto un gran bene ai suoi preti, anche a quelli che lo hanno fatto soffrire».

Riguardo alla vocazione di Luciani, il porporato ha ricordato quanti gli sono stati vicini nel cammino. Egli stesso, nell’immaginetta ricordo della prima Messa, aveva aveva fatto scrivere: «Il sacrificio che oggi ti offro, ti sia grato, o Signore, e sia di conforto e di consolazione a quanti lo hanno preparato ed atteso». Tra questi, il cappuccino frate Remigio, predicatore quaresimale, e il padre di Luciani, Giovanni, che fu emigrante in Germania per mantenere la famiglia. Ma soprattutto il cardinale Stella ha messo in risalto la testimonianza di don Filippo Carli, il parroco, «che provvide a indirizzarlo al seminario. Attraverso la guida e l’esempio di questo sacerdote, l’intuizione iniziale divenne una scelta definitiva di vita nel sacerdozio».

Del resto, «non è difficile intravedere le linee di continuità che uniscono don Filippo e don Albino nella strenua volontà di essere semplice ed efficace nella predicazione e nella catechesi; nell’attenzione agli umili e ai poveri; nell’obbedienza e nella lealtà verso la Chiesa». Così «don Filippo voleva farsi capire dalla gente nella sua predicazione e questo fu il pregio del sermo humilis, del dire umile di Papa Luciani. Don Filippo avviò con intelligenza, qui a Canale d’Agordo, la pubblicazione di un bollettino parrocchiale e il patriarca Luciani, incurante delle critiche dei benpensanti che avrebbero preferito un magistero più cattedratico, chiedeva posto nel Gazzettino e nel Messaggero di Sant’Antonio, per pubblicare le sue celebri lettere agli Illustrissimi su temi importanti, formulati nella semplicità, ma saporosi nel contenuto».

E poi l’obbedienza: Luciani, ha ricordato il porporato, «fece della lealtà verso i superiori la stella del suo cammino, fino alla più coraggiosa ed esemplare lealtà verso Paolo VI, nei momenti più accesi e drammatici della contestazione degli anni Settanta».

Quanto poi al magistero di Luciani sul sacerdozio - riferisce L'Osservatore Romano - il porporato ha citato le parole che il Pontefice rivolse al clero romano il 7 settembre 1978, richiamando «due strumenti che formano e sostengono il buon prete nella sua missione: il senso della disciplina e il raccoglimento». Proprio in questo spirito il cardinale prefetto ha voluto fare memoria dei «tanti “don Filippo”, quegli splendidi parroci che sono la ricchezza della Chiesa, con il loro cuore di pastori, la disponibilità infaticabile al servizio, la vicinanza cordiale e generosa al loro popolo».

Il porporato ha concluso ringraziando il Signore «per il dono alla Chiesa che è oggi Papa Francesco, il quale — ha sottolineato — con il suo sorriso, la sua semplicità, la sua umanità e il suo non risparmiarsi per il servizio alla Chiesa ci fa ricordare, il “nostro” Papa Luciani».
 








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