2014-08-20 12:26:00

Lutto, Francesco ringrazia: "Anche il Papa ha una famiglia"


“Anche il Papa ha una famiglia”. Con queste parole Papa Francesco ha ringraziato al temine dell’udienza generale tutte le persone che in Aula Paolo VI gli hanno espresso le condoglianze per il lutto familiare patito ieri. In precedenza, la catechesi era stata interamente dedicata all’esperienza vissuta nel recente viaggio apostolico in Corea. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Gli amici si stringono con affetto all’amico che ha perso qualcuno che amava. Niente di meno è stata l’udienza generale. Come in una casa, solo di dimensioni più grandi, un unico abbraccio e un’unica espressione di condivisione del dolore, pur espressa in tante lingue, ha raggiunto Papa Francesco, che ieri ha appreso del gravissimo evento che ha in un istante annientato la famiglia di un suo giovane congiunto:

“Anche ringrazio voi, le preghiere, le condoglianze, per quello che è accaduto nella mia famiglia. Anche il Papa ha una famiglia e noi eravamo cinque fratelli, ho sedici nipoti e uno di questi nipoti ha avuto un incidente stradale: è morta la moglie, i due figli piccoli di due anni e pochi mesi l’altro, e lui in questo momento è in stato critico. Ma vi ringrazio tanto, tanto, delle condoglianze e della preghiera”.

Il grazie del Papa conclude un’udienza che, come da tradizione al rientro di un viaggio apostolico, rilegge incontri e sonda sentimenti che cominciano a sedimentarsi. Papa Francesco usa tre parole per riassumerli. Si comincia con la “memoria”, quella di chi, in Corea, ha avuto il dono un giorno di capire il senso del Vangelo dall’interno del cuore – non compreso grazie a un annuncio venuto dal di fuori – e da quel momento ha deciso che quel messaggio non doveva essere mai più dimenticato:

“In questa situazione, la Chiesa è custode della memoria e della speranza: è una famiglia spirituale in cui gli adulti trasmettono ai giovani la fiaccola della fede ricevuta dagli anziani; la memoria dei testimoni del passato diventa nuova testimonianza nel presente e speranza di futuro”.

La Corea è un Paese di “notevole e rapido sviluppo economico”, popolata da persone che sono “grandi lavoratori, disciplinati, ordinati”. Papa Francesco lo sottolinea assieme al fatto che la Corea è anche un popolo di martiri, come i 124 beatificati qualche giorno fa. La loro “testimonianza” – ecco la seconda parola – ha dato alla Chiesa coreana un’impronta che il tempo non cancella:

“I primi cristiani coreani si proposero come modello la comunità apostolica di Gerusalemme, praticando l’amore fraterno che supera ogni differenza sociale. Perciò ho incoraggiato i cristiani di oggi ad essere generosi nella condivisione con i più poveri e gli esclusi, secondo il Vangelo di Matteo al capitolo 25: ‘Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’”.

“La storia della fede in Corea”, conclude Papa Francesco, è emblematica di un fatto importante per quanto riguarda l’evangelizzazione:

“Cristo non annulla le culture: Cristo non annulla le culture. Non sopprime il cammino dei popoli che attraverso i secoli e i millenni cercano la verità e praticano l’amore per Dio e il prossimo. Cristo non abolisce ciò che è buono, ma lo porta avanti, lo porta a compimento. Ciò che invece Cristo combatte e sconfigge è il maligno, che semina zizzania tra uomo e uomo, tra popolo e popolo; che genera esclusione a causa dell’idolatria del denaro; che semina il veleno del nulla nei cuori dei giovani”.

Ed è su questo che mette radici la terza parola, la “speranza”, quella che un popolo spezzato in due da troppo tempo ritorni ad abbracciarsi come due fratelli dovrebbero fare”:

“Con questa fede abbiamo pregato, e anche ora preghiamo affinché tutti i figli della terra coreana, che patiscono le conseguenze di guerre e divisioni, possano compiere un cammino di fraternità e di riconciliazione”.

Molti gli spunti regalati dai saluti rivolti da Papa Francesco ai gruppi in Aula dopo le sintesi della catechesi nelle varie lingue. Ad esempio, l’apprezzamento espresso con simpatia per una numerosa famiglia – padre, madre e sei figli – giunta in Vaticano dopo aver percorso la Via Francigena, da Avignone a Roma, a dorso d’asino. O per l’analogo “coraggio” mostrato da un gruppo di pellegrini giunti in canoa da Loreto.

Al momento dell’ingresso in Aula, quando la folla ai due lati del corridoio centrale lo ha inondato con tutto il suo calore, Papa Francesco ha incontrato dietro le transenne i calciatori della sua squadra del cuore, il San Lorenzo, fresca vincitrice della Coppa Libertadores, realtà definita alla fine dal Papa come “parte della mia identità culturale”. Da registrare anche il pensiero di augurio dedicato ai fedeli polacchi, specialmente ai giovani che stanno lavorando in vista della Gmg di Cracovia del 2016.

L’ultimo pensiero è per l’odierna memoria liturgica di San Bernardo, che il Papa accompagna con questo auspicio: “Il suo amore alla Madonna, definita Stella maris, ispiri la vita cristiana di ciascuno: impariamo a guardare e ad invocare Maria per non essere mai vinti dal peccato e poter vivere dei frutti della grazia donataci dal suo Figlio Gesù”.








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