2014-08-18 14:09:00

Gaza: scade oggi il cessate-il-fuoco. Si media per una tregua duratura


E' stato prorogato di altre 24 ore il cessate-il-fuoco a Gaza per consentire il proseguimento dei colloqui indiretti al Cairo tra le delegazioni di Israele e di Hamas,  anche se al momento non si è registrato alcun passo avanti. Ieri, il presidente dell’Anp, Abu Mazen, si è recato in Qatar per mediare con il leader di Hamas, Khaled Meshaal, una tregua duratura. Tregua richiesta anche dai donatori internazionali come condizione per la ricostruzione. Intanto, con la morte di alcuni feriti è salito 2.016 il bilancio delle vittime palestinesi dell’offensiva israeliana. Ma che fase si apre adesso con i colloqui nella capitale egiziana? Marco Guerra lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni Internazionali all’Università di Firenze:

R. - Si apre innanzitutto una fase di un ritorno a quello che era prima, perché, poco prima che iniziasse questa guerra, Hamas e l’Autorità palestinese avevano concordato un governo di unità nazionale, che poi è stato spazzato via da questa crisi. E’ chiaro che - soprattutto per la mediazione dell’Egitto, che vuole a Gaza un governo stabile e un governo non di Hamas - l’Autorità palestinese, che è credibile e che ha sostenitori internazionali, sta rientrando in gioco. Chiaramente, Hamas non vuole perdere posizioni, ma Hamas è stretta tra l’Egitto e anche tra le altre fazioni di Gaza, perché pare che la jihad islamica sia a favore di una tregua che permetta una fase di tranquillità.

D. - Israele non vede di buon occhio il governo di unità nazionale. Come si porrà in questi negoziati al Cairo?

R. - Israele ha un doppio problema. Da una parte, non vede di buon occhio una tregua con Hamas perché sarebbe un modo di riconoscere anche una vittoria di Hamas. Dall’altra, è anche vero che non vuole un governo di unità nazionale, perché un governo unitario è l’unico che può seriamente pretendere un negoziato di pace concreto. Però, Israele, che ha causato molte vittime soprattutto per un eccessivo uso di munizioni, sta perdendo l’appoggio dell’opinione pubblica internazionale e quindi è anch’esso preso tra fuochi assai diversi. Il giocatore forte in questa fase è l’Egitto: l’Egitto dei militari che detesta Hamas, ha rapporti gelidamente cordiali con Israele e vuole rientrare in gioco secondo i propri parametri.

D. - Sul piatto, Hamas sta mettendo l’apertura del porto, dell’aeroporto e la riapertura dei valichi. Tutto va nella direzione di richieste per far uscire la Striscia dall’isolamento…

R. - La Striscia deve uscire dall’isolamento, perché senza un minimo di ripresa economica, che  deve anche cancellare gli enormi danni della guerra, la Striscia è condannata di nuovo a una situazione irreversibile. E’ interesse di tutti, anche di Israele, rendere la vita degli abitanti di Gaza meno peggiore di quella che è stata, perché altrimenti Gaza è una fabbrica di scontento e di ulteriori complicazioni.

D. - Intantom, alle 24.00 di oggi, ora locale, terminerà la tregua di cinque giorni a Gaza. Cosa dobbiamo aspettarci subito dopo la mezzanotte?

R. - Sicuramente, un prolungamento della tregua parziale e delle discussioni. L’obiettivo di questo delicato negoziato è una tregua di lungo termine: concetto che a Israele piace poco, perché tregua significa che prima o poi si ricomincia… Quindi, dobbiamo aspettarci in ogni caso un prolungamento. Quanto questo poi porti a una situazione di più lungo periodo dipende da molti fattori e anche dal ruolo che l’Egitto può giocare, anche in modo spregiudicato, perché l’Egitto tiene letteralmente le chiavi di Gaza: dall’altra parte c’è solo Israele.

D. - C’è stanchezza da parte del popolo israeliano che, in questa nuova offensiva, è stato provato. Almeno 70 le vittime…

R. - Non solo le vittime israeliane, ma anche la costante paura delle popolazioni nel sud di Israele di vedersi arrivare qualcosa in testa… Gli israeliani tutti sono assai scontenti. Il punto è che questo scontento non si coagula in un riavvio serio dei negoziati di pace, perché questo governo Netanyahu, che ha fazioni di estrema destra al suo interno, non è in grado al momento di intraprendere seri negoziati di pace.

D. - Avrà un ruolo la comunità internazionale? E mi riferisco all’Europa e agli Stati Uniti…

R. - Assolutamente sì, e forse più l’Europa degli Stati Uniti… E’ notizia di questi giorni che dal primo settembre scatterà l’embargo quasi assoluto sui beni prodotti negli insediamenti del West Bank, del Golan e di Gerusalemme Est. Questa pressione economica europea, che è anche pressione politica, è uno strumento prezioso per far sì che Israele ricominci a percorrere la strada della pace.








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