I fedeli di ogni età e di ogni tempo si sono confrontati con la difficoltà nel trovare un metodo per pregare. È una sfida alla quale prova a rispondere il volume “Sentieri di libertà”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana (Lev): un itinerario di 26 percorsi per accompagnare la meditazione personale e di gruppo. È una proposta che nasce dopo l’esperienza lungamente testata con i giovani della comunità Oikia, composta anche da famiglie e sacerdoti. Paolo Giacosa ha intervistato l’autore, Mons. Samuele Sangalli, sacerdote dell’Arcidiocesi di Milano e Officiale della Congregazione per i Vescovi, per comprendere com’è strutturato il libro.
R. - Non è il primo libretto di tematica spirituale che pubblico con la Lev; ce ne era stato un precedente: “Fare esperienza di Dio. Itinerari di risurrezione” e poi “Essere totalmente di Gesù”. Questo è frutto di un lungo cammino, perché riuscire a pregare non solo è difficile, ma come riuscire a trovare un metodo di preghiera stabile? Dopo diversi tentativi abbiamo maturato questo metodo descritto nel libretto. Noi ci troviamo tutti martedì sera, dopo il lavoro, a fare questa ora di adorazione guidata dalla Parola. È un metodo che nasce dal desiderio di fermarsi. Ogni incontro è strutturato in questo modo: c’è una piccola preghiera di inizio che si fa dopo l’esposizione dell’Eucarestia, in silenzio; in un secondo momento, dopo diversi minuti trascorsi nel silenzio, viene letta la Parola; in genere prendiamo la Parola del giorno. Dopo, ci sono tre momenti dove la guida riprende alcuni versetti della Parola, aiuta ad interiorizzarli e poi propone una preghiera del cuore, cioè una piccola formula da ripetere che aiuta ad assimilare quella parola che è stata pronunciata. Sono piccole forme di invocazione. Questo dura un’ora intera, fino all’ultimo passaggio, dove c’è una preghiera di conclusione che aiuta in qualche modo a raccogliere gli spunti che sono venuti dalla Parola e dalla preghiera personale. Non voglio banalizzare la cosa, ma una persona che va in palestra da sola, tante volte non ci va perché è stanca, ma quando ci va insieme ad un’altra, una spinge l’altra. È così la stessa cosa avviene in un momento comunitario.
D. - È interessante la definizione della Parola di Dio come “palestra di libertà”…
R. - È una definizione alla quale io tengo molto, perché la Parola di Dio, se ascoltata in profondità, libera. Lo menziono anche all’inizio, quel passaggio del capitolo 8 di Giovanni che recita:“ Se rimarrete fedeli alla mia Parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. E la fedeltà alla Parola ci permette di guardare la nostra vita con profonda verità.
D. - Quanto è importante nella vita di fede la preghiera comunitaria?
R. - Noi non viviamo come nomadi dentro il mondo. Soprattutto in un contesto secolarizzato, è molto difficile riuscire a mantenere la fedeltà e una vita spirituale. Il sostegno della comunità non solo attraverso i momenti di preghiera comunitaria liturgica, ma che la comunità ti stia vicino, ti sostenga anche nel crearti delle occasioni dove tu sviluppi il dialogo personale con il Signore.
D. - Come è possibile far riscoprire ai giovani la bellezza e la forza della preghiera?
R. - La cosa più faticosa - lo ripeto ancora - è la fedeltà, perché oggi un giovane prova tutto, sperimenta tutto, ma gli risulta molto difficile assumere atteggiamenti costanti. Però, avviene. Lo sport è esemplificativo di questo: un ragazzo sportivo ha assunto una disciplina. Per cui, se è possibile nella cura del corpo, così, ad un certo punto della vita, ci si rende conto che se uno vuole mettere un po’ di ordine, la preghiera porta ad un equilibrio interiore.
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