2014-08-09 08:54:00

In mostra a Cividale crocifissi lignei del Patriarcato di Aquileia


Fino al 12 ottobre in mostra presso il  museo nazionale di Cividale del Friuli, Udine, crocifissi lignei e opere provenienti dal mondo germanico e dal Patriarcato di Aquileia. Sinergia tra Italia, Austria, Croazia, Slovenia  per riunire testimonianze dell’antico Patriarcato. Antonio Elia Migliozzi ha intervistato Luca Caburlotto, Sovraintendente dei beni storici della Regione Friuli Venezia Giulia:

R. – E’ importante riscoprire un terreno culturale e storico comune, tra aree che hanno subito processi storici molto complessi e nell’ultimo secolo anche dolorosi. E’ la ricostruzione, attraverso delle opere d’arte poco conosciute e di grande suggestione, centrate sotto il simbolo del crocifisso, a partire dall’esempio più nobile di tutta quest’area che è il crocifisso del Duomo di Cividale; la ricostruzione di un percorso e di un tessuto storico, di cui sono rimaste prove nei secoli, da un lato della Repubblica Veneta e, dall’altro, dell’Impero asburgico. Il Patriarcato di Aquileia nasce come feudo del Sacro Romano Impero, è il più grande principato ecclesiastico sul piano dell'Europa. Poi, nel 1420, sarà acquisita l’area veneto-friulana della Repubblica Veneta e l’altra parte dall’Impero asburgico, tanto che nel 1751 il Patriarcato ufficialmente morirà, dividendosi tra l’arcidiocesi di Udine e l’arcidiocesi di Gorizia, rispettivamente in territorio veneto e in territorio asburgico. Scoprire un’identità culturale comune di otto secoli fa è un’esperienza, credo, molto affascinante.

D. – Fulcro e simbolo della mostra il maestoso crocifisso ligneo del Duomo di Cividale. Ce lo può descrivere?

R. – Si tratta di un’opera di caratura europea. Ci fa capire che il Medioevo era capace di esprimere artisti che avevano una capacità espressiva, un’abilità tecnica, una disinvoltura formale che non temono paragoni anche con i grandi artisti più noti dei secoli successivi come Michelangelo o il Bernini. L’opera è un monumentale crocifisso dell’altezza di 2 metri e 51, esclusa la croce, e rientra forse tra i primi casi nella storia dell’arte europea, in cui nel passaggio dal Christus Triumphans precedente di formazione e matrice bizantina, al Christus Patiens, c’è l’entrare di questo sentimento e la capacità di rappresentare la sofferenza, il deliquio del momento della morte, quasi un abbandono pacifico, e quindi la capacità di evocare attraverso l’intaglio delle delicatezze in grande scala, che sono capacità solo di un grandissimo artista di caratura europea.

D. – Importante la sinergia tra diocesi e sovrintendenza...

R. – Sì, è stata una condivisione molto bella, anche prima della mostra, nel restauro dal 2005 al 2012, e anche nelle scelte tante volte delicate di rimozione, di interventi successive sul crocifisso. E la sovrintendenza ha condiviso molto strettamente con la diocesi, con l’arcidiocesi di Udine, con la parrocchia di Cividale, le scelte da fare. L’arcidiocesi è prestatrice di una buona parte delle opere esposte, provenienti dal Friuli. Assieme, infatti, all’arcivescovo di Udine, Andrea Bruno Mazzoccato, si è deciso di inaugurare questa mostra il 12 luglio, non casualmente, in quanto è il giorno dei Santi Ermagora e Fortunato, martiri protettori dell’antico Patriarcato e attualmente del Friuli Venezia Giulia. Tengo a dire, però, che questa collaborazione è stata non solo con l’arcidiocesi di Udine, che è tra gli organizzatori, ma anche con quella di Gorizia, sotto la cui giurisdizione è la Basilica di Aquileia, e anche con le altre diocesi che hanno prestato opere. Un esempio nell’universalità del valore della Chiesa e dei valori dell’arte e della cultura, come portatori di amicizia e di comprensione reciproca. 








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