2014-08-08 13:55:00

Iraq. Primi raid aerei Usa contro Stato Islamico. Un sacerdote: qui manca tutto


Prevenire il genocidio della popolazione civile e delle minoranze irachene perseguitate dai Jiihadisti del cosiddetto Stato islamico. E’ questo il motivo che ha spinto il presidente americano Obama la notte scorsa a decidere per un intervento umanitario e per raid mirati nel nord del Paese del Golfo. Ma gli estremisti rilanciano l’offensiva e sembra abbiano preso possesso anche della diga di Mossul. Forte  l’appello all’unità contro un “ grande pericolo” rivolto al Paese dalla massima autorita religiosa irachena l’ ayatollah Ali al Sistani. Il servizio di di Gabriella Ceraso:

Almeno 15 cittadine e villaggi iracheni nella grande piana di Ninive  nonché  secondo le ultime notizie anche la diga di Mossul che potrebbe creare una drammatica inondazione di Baghdad, sono caduti nelle mani dei miliziani del cosiddetto stato islamico negli ultimi giorni. Il mondo è stato indifferente , almeno fino alla notte scorsa. La Chiesa locale ha alzato più volte la voce, ora insieme alla popolazione in fuga attende l’esito dell’iniziativa della Casa Bianca. Nessun soldato americano sarà inviato sul territorio iracheno, nessuna  nuova guerra, ha detto il presidente Obama , sollecitato anche dal Consiglio di sicurezza dell’Onu , ma non possiamo chiudere gli occhi innanzi ad un potenziale genocidio. Occorre proteggere il personale americano in Iraq ha detto e la popolazione inerme. Dunque, sì a raid mirati e al lancio di cibo e medicinali. Primi obiettivi, il monte Sinjar Erbil ma anche Baghdad nel caso di attacchi . Intanto è l'aviazione irachena a in mattinata a colpire nelle province di Salahuddin e  Ninive più di 550 miliziani dello Stato islamico.

Ad Arbil nel Kurdistan iracheno dove stanno affluendo centinaia di migliaia di profughi cristiani e di altre minoranze c'è don Behnam Benoca, vice rettore del seminario caldeo di Ankawa e originario di una delle città della piana di Ninive ora nelle mani dei miliziani del cosiddetto Stato islamico;così spiega al microfono di Gabriella Ceraso la gravità di quanto sta accadendo:

R. – Sono originario di una cittadina che si chiama Bartella, accanto c’è Karamlesh e poi Qaraqosh. Sono le tre città che sono state prese ieri notte. Si tratta di città molto antiche, alcune sono state fondate nel 600 a.C. quindi stiamo parlando di popoli presenti fin dall’inizio della storia dell’Iraq. Oggi questi popoli stanno andando via. Per questo motivo, chiediamo a tutti quanti un aiuto sistematico perchè se dovesse finire la nostra storia qui, sarebbe una perdita per tutta l’umanità.

D. – Lei oggi è ad Erbil, nel Kurdistan, dove stanno arrivando i profughi cristiani e non. Qual è la loro situazione ad oggi?

R. – Ce ne sono migliaia e migliaia... Non so dire i numeri esatti perché la gente non è stabile si sta muovendo ancora di città in città. Forse saranno più di 40 mila.

D. – Che assistenza potete dare?

R. – Solo assistenza per la gente comune, per le parrocchie e per la diocesi di Erbil. Non c’è ancora un’assistenza organizzata, per esempio, dall’Onu. Per questo, la sofferenza si duplica giorno dopo giorno. Moltissime persone si trovano per strada, sotto il sole. Oggi ci sono circa 45 gradi all’ombra, figuriamoci al sole quanti saranno. Non ci sono posti per dormire, dormono all’aperto, nei campi.

D. – La sicurezza com’è a Erbil? Dove questi profughi possono andare per stare sicuri?

R. – Sono arrivati qui perché hanno trovato nella città di Erbil la sicurezza ed è in effetti una città sicura. Però non possono sopportare una condizione che non è umana, né degna per l’uomo. Fin quando potranno resistere a stare all’aperto, senza cibo, senza acqua? Anche se poi tornano nelle loro case non hanno più la certezza che nel futuro non soffriranno la stessa cosa.

D. – L’offensiva dello Stato islamico continuerà. È questo quello che preoccupa?

R. – Il punto interrogativo adesso è questo: come mai l’esercito iracheno non lo può affrontare? Come mai sono riusciti a entrare e a conquistare città nel centro dell’Iraq così facilmente? Questa è una preoccupazione soprattutto per i cristiani, per le minoranze che è gente comune, pacifica, che non ha armi.

D. – L’avrete saputo che gli Stati Uniti hanno deciso per un intervento con raid mirati aerei, ma si sono impegnati anche per aiuti umanitari. Di tutto questo vedete già qualcosa?

R. – Da qui non sappiamo con esattezza cosa sta succedendo sul campo di battaglia: se gli americani siano già intervenuti o no. Speriamo ci sia un intervento molto forte, da una parte per difendere il posto dove ci troviamo, il Kurdistan e la zona della Piana di Ninive, cacciarli via via anche da Mosul e da altre città per ridare la pace a tutti gli iracheni. Dall’altra parte, speriamo che gli aiuti umanitari arrivino al più presto possibile, perché la condizione è veramente tragica.

D. – Di cosa c’è bisogno?

R. – Di sicurezza e di aiuti umanitari urgenti. Alcuni sono andati fuori dall’Iraq in questi ultimi giorni, altri non lo possono fare perché non hanno i passaporti: gli sono stati sequestrati dai terroristi che si trovano nella Piana di Ninive. Senza documenti, non possono andare da nessuna parte. Non potrebbero nemmeno stare in Iraq oggi, perché per spostarsi servono i documenti. Quindi, le difficoltà che abbiamo qui sono di livello molto alto, non sono solo difficoltà di tipo umanitario.

D. – E’ stato detto tanto dalla Chiesa in questi giorni, si è parlato di “genocidio”. Come definirebbe quello che sta accadendo?

R. – Con termini religiosi direi “persecuzione” religiosa, ma anche “genocidio” contro una popolazione che oggi sta per essere cancellata dalla faccia della terra. 

 








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