2014-08-06 13:54:00

Italia in recessione tecnica. Zamagni: dare priorità all'agenda economica


L’Italia è in recessione tecnica. Secondo dati Istat, il Pil nel secondo trimestre di quest’anno è ancora negativo, scendendo dello 0,2% rispetto a quello precedente. Il Ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha comunque precisato che non ci saranno manovre aggiuntive per il 2014. E il bonus di 80 euro – ha aggiunto - sarà confermato anche nel 2015. Ma cosa si intende per recessione tecnica? Luca Collodi lo ha chiesto al prof. Stefano Zamagni, professore di economia politica all'Università di Bologna:

R. – Quando per due trimestri consecutivi il dato del Pil ha segno negativo, anche se molto modesto, tecnicamente si dice che siamo in recessione. E’ una convenzione statistica presa a livello internazionale. Questo dato è preoccupante, ma non giunge inatteso. In questo secondo trimestre dell’anno è stata data la precedenza, e starei per dire l’esclusiva precedenza, alla riforma delle istituzioni politiche e non a quella delle istituzioni economiche. Questo dato negativo è la conseguenza di una scelta di questo tipo. Qualcuno potrebbe chiedersi: come mai? La mia spiegazione è che mentre per riformare le istituzioni politiche basta trovare l’accordo, appunto politico, con chi siede nei parlamenti o comunque nelle segreterie dei partiti rilevanti, per modificare le istituzioni economiche occorre invece andare contro i blocchi di potere economico, contro l’alta burocrazia, contro i detentori di gruppi di potere e così via. La conseguenza, allora, è che riformare le istituzioni economiche è molto, ma molto più difficile che non riformare le istituzioni politiche. La riforma del Senato è importantissima; il superamento del bicameralismo perfetto è importantissimo. Ma questo, però, non viene registrato dai dati del Pil. Avranno sì un effetto anche sull’economia, ma nel medio e lungo termine. Di fronte ad emergenze come quelle attuali, bisogna – questo è il mio parere – invertire l’ordine dell’agenda.

D. – Si dice che servono le riforme per far ripartire l'Italia. Il PIL sembra però smentire questo percorso. Il dato va letto anche in chiave politica?

R. – E’ possibile cambiare le regole degli assetti economici, come ad esempio il sistema bancario, il mercato del lavoro, il codice di commercio, e così via. Queste sono le riforme che fanno riportare in alto l’indice del Pil.

D. – Che effetto avrà la recessione sulla vita degli italiani?

R. – Sulla vita quotidiana ben poco. Ha però un impatto simbolico, da un lato, e soprattutto sul fronte europeo. Perderemo, infatti, un po’ di credibilità. La diminuzione dello 0,2% è dovuta esattamente al fatto che la domanda interna non è stata stimolata sufficientemente come si pensava e, soprattutto, che anche le esportazioni ne hanno risentito, ovviamente non in tutti i comparti. Perché? Perché evidentemente il calo della produttività si sta facendo sentire.

D. – Il dato negativo del Pil italiano avrà ripercussioni sull’attività di governo?

R. – Io, ovviamente, spero di no. Potrebbe, però, rappresentare quella tiratina d’orecchio del tipo: “cambia l’ordine dell’agenda”, “dai più priorità agli aspetti dell’economia reale”, quindi delle istituzioni economiche, e semmai “rallenta su quell’altro fronte”. Sembra che questo si stia capendo, perché si sta parlando di rinviare a settembre la nuova legge elettorale. Ma la legge elettorale non serve adesso: si andrà a votare tra tre anni e mezzo, perché perdiamo tempo per cambiare la legge elettorale, quando non serve? Ora serve riempire di beni di varia natura le nostre famiglie, soprattutto quelle numerose. Bisogna far capire che il criterio dell’urgenza ha caratteristiche diverse da quelle dell’importanza o della rilevanza.








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