2014-07-30 13:40:00

Da quest’anno, la Giornata Onu contro il traffico di persone


Si osserva oggi in tutto il mondo la prima Giornata internazionale contro il traffico delle persone, indetta dall’Onu. Una piaga della società contemporanea su cui di frequente è intervenuto anche Papa Francesco. Il servizio di Giada Aquilino:

Una “piaga nel corpo dell’umanità contemporanea”, una “piaga nella carne di Cristo”, un “delitto contro l’umanità”. Questa è la tratta di esseri umani nelle parole di Papa Francesco: era il 10 aprile scorso e il Pontefice incontrava i partecipanti alla Conferenza internazionale sulla tratta delle persone umane, svoltasi alla Casina Pio IV in Vaticano. Ma il tema della lotta a questo male che affligge la famiglia umana, intrecciato al problema delle nuove schiavitù, è di quelli cari al Pontefice, che più volte ha parlato di “intollerabile crimine contro la dignità umana”.

L’Onu, da quest’anno, osserva la Giornata internazionale contro il traffico delle persone. “Scoprire e denunciare i trafficanti”, evitare che “bambini vulnerabili, donne e uomini cadano preda di sfruttamento”, “onorare e proteggere le vittime” della tratta di esseri umani. Questi gli obiettivi dell’iniziativa, secondo l'alto commissario Onu per i Diritti umani, Navi Pillay. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, nell’occasione odierna, ha invitato tutti i Paesi a ratificare e rispettare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, firmata a Palermo nel 2000. Il significato di questa prima Giornata nelle parole di Alessandra Mazzini, responsabile informazione pubblica dell’Istituto internazionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia (Unicri), al microfono di Federico Piana:

R. – Rappresenta un appello mondiale a fermare la tratta e i trafficanti che la gestiscono, affinché si ridia dignità ai milioni di vittime che vengono trafficati globalmente. È un appello che si rivolge in prima battuta ai governi, affinché ratifichino e implementino la Convenzione dell’Onu contro la criminalità organizzata - in particolare il Protocollo aggiuntivo contro la tratta - per rendere tali misure efficaci, cosa che non sta avvenendo. È la prima Giornata mondiale dell’Onu in materia e il segnale è anche quello di coinvolgere veramente la società civile in un’azione di contrasto, di promuovere la consapevolezza e far sapere a tutti che è un fenomeno che sta sempre più danneggiando la dignità di milioni di persone, per lo più donne e bambini. E colpisce tutte le regioni del mondo. Perché queste forme di schiavitù? Gli scopi sono lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù in genere e anche l’asportazione di organi. Abbiamo dati prodotti dall’Ufficio dell’Onu contro la droga e il crimine di Vienna – l’ultima indagine è stata fatta sui casi di vittime segnalate, che però sono un campione parzialmente rappresentativo della situazione – che ci dicono che il 70-75% delle vittime sono donne e ragazze, il 27% bambini e uno su tre, fra l’altro, è maschio, mentre il 56% di queste vittime sono abusate sessualmente, sono vittime della tratta per sfruttamento sessuale, il 36% per lavoro forzato. Di questi casi, un dato che fa particolarmente riflettere è il fatto che le vittime provengano da 136 Paesi e siano state trafficate in 118 Paesi.

D. – Questi dati sono molto importanti per far comprendere il fenomeno, che è purtroppo in crescita…

R. – Sì, è un fenomeno in crescita e si abbatte anche sull’Europa che, tra l’altro, ha una caratteristica abbastanza specifica: le vittime intercettate in Europa provengono da 112 Paesi, perché la tratta può avvenire internamente cioè a livello di Paese – persone che vengono trasportate da un punto all’altro di uno Stato per essere sfruttate ad esempio nelle miniere – oppure le vittime possono essere trasportate in Paesi terzi, o in altre regioni nel mondo. E in Europa c’è la maggior concentrazione di nazionalità diverse. Questo è un dato che fa riflettere, così come fa riflettere il fatto che un Paese che ha vulnerabilità a livello di frontiera e di corruzione delle Forze dell’ordine diventa la chiave per spostare le vittime in altre destinazioni. È un fenomeno globale, che associamo chiaramente a tutti i traffici illeciti, principalmente le droghe. Esso permette alla criminalità di ridurre le persone a merci e di gestire poi patrimoni enormi che vengono riciclati nel traffico d’armi, nei mercati illeciti e nella contraffazione. Non parliamo di merci "invisibili", ma stiamo parlando di persone sotto gli occhi di tutti noi, nelle strade, nelle miniere e nelle industrie. Sono persone che poi perdono il diritto all’identità.

Su sollecitazione di Papa Francesco, la Chiesa ha incentivato il proprio impegno per sradicare le moderne forme di schiavitù e il traffico di persone. Con tale obiettivo, nei mesi scorsi è stato tra l'altro siglato un apposito accordo fra rappresentanti di grandi religioni mondiali, il “Global Freedom Network”, e le Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali hanno organizzato diversi incontri internazionali sul tema. Philippa Hitchen ha intervistato mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere delle medesime Pontificie Accademie, intervenuto ieri alla Casina Pio IV a una videoconferenza con l’ambasciatore statunitense, Luis CdeBaca, che ha parlato del recente Rapporto del Dipartimento di Stato Usa sul traffico delle persone:

R. – Vogliamo rendere cosciente la gente, i cristiani e tutti i popoli di questo dramma. Siccome i trafficanti agiscono di nascosto, la questione non è abbastanza conosciuta, tuttavia tocca più di 20 milioni di persone e due milioni l’anno, specialmente le donne. Lo dice l’Organizzazione internazionale del lavoro. L’80% delle vittime riguarda la prostituzione. E’ chiaro che si tratta di schiavi, sia del lavoro sia della prostituzione.

D. – L’Onu osserva ora la Giornata contro il traffico delle persone. Che cosa possono fare la Chiesa e i cristiani nelle varie parti del mondo per cercare di contribuire all’eliminazione di questa piaga?

R. – La prima cosa è informare sulla situazione globale, di fronte a quella che il Papa chiama in generale “la globalizzazione dell’indifferenza”. Oggi, infatti, il problema non è solo dell’immigrazione, ma anche della stessa città. A Roma, per esempio, la stessa gente in un quartiere studia e in un altro si prostituisce. E a Londra capita lo stesso: i trafficanti prendono le ragazze a scuola, le drogano e poi le fanno prostituire in un altro quartiere. Il Papa ha messo questo problema al centro dell’attenzione: è una questione che fa parte della nuova evangelizzazione. E’ per questo che se ne deve parlare di più. Noi adesso abbiamo un programma per novembre: invitare qui cento giovani da tutte le parti del mondo – giovani che sono protagonisti e molte volte vittime – perché parlino fra loro, per cercare quali siano le migliori pratiche per evitare tutto ciò. Puntiamo alla formazione di una nuova generazione, specialmente nelle famiglie, per cambiare le cose. Bisogna capire che questo è un male per la società, non solo per l’individuo. E’ il più grande male di questa “globalizzazione dell’indifferenza”.








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