Le Giornate degli Autori–Venice Days, sezione autonoma della Mostra del Cinema di Venezia, hanno presentato il loro programma con opere di registi affermati o ancora poco conosciuti in Italia e scoperti nelle diverse cinematografie del mondo. Quest’anno al centro di molti titoli troviamo l’età dell’uomo, in cui giovinezza e vecchiaia si confrontano. Il servizio di Luca Pellegrini:
E’ una conferma: anche alle Giornate degli Autori lo schermo fotografa una trasformazione profonda della società. Il Delegato generale Giorgio Gosetti presenta i diciotto titoli che compongono la selezione, tra i quali spiccano l’italiano I nostri ragazzi di Ivano De Matteo e Ritorno all’Avana del francese Laurent Cantet. Un percorso che soprattutto guarda all’età dell’uomo, ai suoi estremi, la prima gioventù e la vecchiaia, precisa. Come mai?
R. - Perché i film ci hanno obbligato a ragionare su questo. Chi fa il programma di un festival è fortunato ostaggio della creatività degli autori. Evidentemente, in questo momento è fortissima – con contesti e tagli diversissimi – l’esigenza di riflettere, di raccontare queste due età dell’uomo perché sono le età, oggi, sottoposte alla maggiore crisi e al maggior disagio. Un ragazzo, a tutte le latitudini del mondo, rischia di non sapere cosa fare della sua vita; una persona anziana rischia di sentirsi inutile e però costretta a vivere. E quindi, riflettere su questo ci è sembrato davvero molto importante e molto bello, poiché alla fine i film ci aiutano a raccontare questo.
D. - I registi hanno affrontato questo tema con maggiore ottimismo o pessimismo?
R. - Con realismo. Però, ecco, quando dico realismo lo dico perché secondo me nessuno si è fatto sconti, nel cinema di oggi; nessuno ha voluto né indorare né drammatizzare ad arte le cose. Certo, che noi soprattutto per i giovani vediamo degli spiragli di ottimismo e di senso; però, anche si sente fortissimo il peso di dire: ‘Noi, invece, adulti, noi vecchi, facciamo i conti con noi stessi, perché è responsabilità nostra quello che avranno i ragazzi di domani. Anzi: quello che non hanno oggi'.
D. - Due titoli affrontano capitoli di storia italiana: Patria di Felice Farina, percorsa come il flusso di coscienza di una generazione, e 9X10 Novanta in cui nove registi rielaborano liberamente una serie di preziose immagini custodite dall’Istituto Luce. Il cinema riscopre il valore della memoria …
R. - Questo assolutamente sì, e io ne sono molto contento, se penso all’Italia, perché veniamo da un tempo troppo lungo di dimissione della capacità di pensare in senso politico – nel senso più ampio del termine – al nostro mondo, alla nostra società, alla logica dentro alla quale siamo più o meno costretti a vivere. E la memoria visiva è la grande risorsa che ha questa generazione, la prima volta che ha davvero la coscienza e l’accesso – grazie alle nuove tecnologie – alla memoria visiva del secolo. Il che è una cosa formidabile. Tutti i secoli precedenti non potevano avere questo. Il fatto che l’Italia sia forse il Paese che meglio, oggi, sa interpretare questo senso – il valore della memoria – perché l’Italia sta esprimendo una generazione di cineasti che hanno una duttilità che nessun altro Paese ha, di attingere a linguaggi diversi – il documentario, il materiale d’archivio, la finzione, i generi, mischiando tutto e scrivendo in modo nuovo i film – ecco, questo mi dà un enorme orgoglio!
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