2014-07-27 11:17:00

Giornate degli autori al Festival del Cinema di Venezia


Le Giornate degli Autori–Venice Days, sezione autonoma della Mostra del Cinema di Venezia, hanno presentato il loro programma con opere di registi affermati o ancora poco conosciuti in Italia e scoperti nelle diverse cinematografie del mondo. Quest’anno al centro di molti titoli troviamo l’età dell’uomo, in cui giovinezza e vecchiaia si confrontano. Il servizio di Luca Pellegrini:

E’ una conferma: anche alle Giornate degli Autori lo schermo fotografa una trasformazione profonda della società. Il Delegato generale Giorgio Gosetti presenta i diciotto titoli che compongono la selezione, tra i quali spiccano l’italiano I nostri ragazzi di Ivano De Matteo e Ritorno all’Avana del francese Laurent Cantet. Un percorso che soprattutto guarda all’età dell’uomo, ai suoi estremi, la prima gioventù e la vecchiaia, precisa. Come mai?

R. - Perché i film ci hanno obbligato a ragionare su questo. Chi fa il programma di un festival è fortunato ostaggio della creatività degli autori. Evidentemente, in questo momento è fortissima – con contesti e tagli diversissimi – l’esigenza di riflettere, di raccontare queste due età dell’uomo perché sono le età, oggi, sottoposte alla maggiore crisi e al maggior disagio. Un ragazzo, a tutte le latitudini del mondo, rischia di non sapere cosa fare della sua vita; una persona anziana rischia di sentirsi inutile e però costretta a vivere. E quindi, riflettere su questo ci è sembrato davvero molto importante e molto bello, poiché alla fine i film ci aiutano a raccontare questo.

D. - I registi hanno affrontato questo tema con maggiore ottimismo o pessimismo?

R. - Con realismo. Però, ecco, quando dico realismo lo dico perché secondo me nessuno si è fatto sconti, nel cinema di oggi; nessuno ha voluto né indorare né drammatizzare ad arte le cose. Certo, che noi soprattutto per i giovani vediamo degli spiragli di ottimismo e di senso; però, anche si sente fortissimo il peso di dire: ‘Noi, invece, adulti, noi vecchi, facciamo i conti con noi stessi, perché è responsabilità nostra quello che avranno i ragazzi di domani. Anzi: quello che non hanno oggi'.

D. - Due titoli affrontano capitoli di storia italiana: Patria di Felice Farina, percorsa come il flusso di coscienza di una generazione, e 9X10 Novanta in cui nove registi rielaborano liberamente una serie di preziose immagini custodite dall’Istituto Luce. Il cinema riscopre il valore della memoria …

R. - Questo assolutamente sì, e io ne sono molto contento, se penso all’Italia, perché veniamo da un tempo troppo lungo di dimissione della capacità di pensare in senso politico – nel senso più ampio del termine – al nostro mondo, alla nostra società, alla logica dentro alla quale siamo più o meno costretti a vivere. E la memoria visiva è la grande risorsa che ha questa generazione, la prima volta che ha davvero la coscienza e l’accesso – grazie alle nuove tecnologie – alla memoria visiva del secolo. Il che è una cosa formidabile. Tutti i secoli precedenti non potevano avere questo. Il fatto che l’Italia sia forse il Paese che meglio, oggi, sa interpretare questo senso – il valore della memoria – perché l’Italia sta esprimendo una generazione di cineasti che hanno una duttilità che nessun altro Paese ha, di attingere a linguaggi diversi – il documentario, il materiale d’archivio, la finzione, i generi, mischiando tutto e scrivendo in modo nuovo i film – ecco, questo mi dà un enorme orgoglio!








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