2014-07-25 19:59:00

Gaza: si tratta una tregua, l'Oms chiede corridoio umanitario


Continuano gli sforzi per un cessate il fuoco a Gaza: c’è attesa per l’annunciata conferenza stampa al Cairo del segretario di Stato americano John Kerry e del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che dovrebbe iniziare a breve. Intanto cresce il numero delle vittime, 832 palestinesi e 35 israeliane e si registrano morti, almeno cinque, anche in Cisgiordania. Davide Maggiore:

Per i media israeliani è vicino l’accordo sul cessate il fuoco di una settimana proposto da Kerry: lo stesso premier Benjamin Netanyahu starebbe premendo sulle componenti del governo ancora contrarie. “Serve un cessate il fuoco”, ha riconosciuto anche Khaled Meshaal, capo politico di Hamas, che chiede la fine del blocco israeliano su Gaza. Secondo fonti ufficiali, nella trattativa con il leader palestinese è impegnata anche la Turchia, attraverso il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu. Una “pausa umanitaria” è stata auspicata da Ban Ki-moon, mentre dall’Organizzazione mondiale della Sanità è arrivato l’appello ad aprire un “corridoio” per evacuare i feriti e far arrivare farmaci salvavita nella Striscia. Per un cessate il fuoco spinge infine l’Unione europea: un suo portavoce è tornato anche sul bombardamento, con 16 morti e 200 feriti, contro una scuola gestita dalle Nazioni Unite a Beit Hanoun. Secondo Bruxelles è necessaria un’indagine “immediata e completa” sui fatti. Intanto in Cisgiordania, l’esercito israeliano ha disperso con la forzale manifestazioni del cosiddetto “venerdì della collera”, convocate dai palestinesi. Almeno cinque le vittime tra i dimostranti solidali con Gaza, nei pressi di Nablus e Hebron.

Sulla situazione umanitaria, ascoltiamo padre Raed Abusahlia, direttore della Caritas di Gerusalemme, al microfono di Marina Tomarro:

R. – Certamente, Hamas lancia razzi su Israele, ma siamo di fronte all'esercito più forte della regione, il quarto nel mondo, che attacca tutta la Striscia di Gaza, e soprattutto i civili. A causa di questa aggressione, oggi ci sono almeno 150 mila persone che hanno abbandonato le loro case e non sanno dove andare. La maggioranza di loro vive nelle scuole, ma le scuole non sono attrezzate per proteggere i civili: non c’è niente. Noi della Caritas ci siamo occupati di due scuole, provvediamo al loro cibo, all’acqua, al latte per i bambini e al gasolio per il generatore elettrico. Ci stiamo ingegnando quanto possiamo in questi giorni, sperando che la guerra finisca il più presto possibile …

D. – Riescono ad arrivare alcuni aiuti umanitari da fuori o al momento è tutto bloccato?

R. – No, è tutto completamente bloccato! L’Onu cerca di fare entrare un po’ di cibo dalla parte israeliana, ma dalla parte egiziana il passaggio di Rafah è bloccato. In questi 18 giorni, l’hanno aperto per alcune ore per evacuare alcuni feriti verso l’Egitto e la Giordania e per far uscire gli stranieri che abitavano o lavoravano a Gaza. Dunque, anche questa è una situazione drammatica. In più, questi bombardamenti hanno distrutto molto: si parla di almeno 2.000 case interamente distrutte! Dunque, le persone che hanno lasciato le loro case non sanno se - quando alla fine della guerra torneranno - ritroveranno le loro case. Questo non è accettabile e per questo non si può tacere, il mondo deve intervenire e porre fine a questa situazione di guerra.








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