2014-07-15 14:49:00

Parlamento Ue vota Juncker nuovo presidente della Commissione


La plenaria del Parlamento europeo ha approvato la nomina di Jean-Claude Juncker a nuovo presidente della Commissione europea con 422 voti a favore, e 250 contrari. Il candidato del Ppe, sostenuto da Socialisti e Liberali, ha ottenuto dunque ben piu' della maggioranza assoluta prevista di 376 voti. "Il giorno che viviamo oggi si scrive in modo storico nel libro della storia della Ue", ha commentato il presidente del Parlamento Martin Schulz. Nel suo discorso programmatico Juncker si è soffermato sopprattutto sui temi economici a partire da un pacchetto di investimenti da 300 mld in tre anni per contrastare la disoccupazione; da un progetto di un’Europa più sociale e unita di fronte al problema dell’immigrazione con la nomina di un Commissario apposito. Per un commento anche sulle prospettive che da questo piano di lavoro deriveranno Gabriella Ceraso ha parlato con l’economista Francesco Carlà:

R. – Tutto dipenderà da che cosa si intende per 300 miliardi, da come verranno erogati questi finanziamenti e in quali tempi e in quali modi, per quali Paesi, quale sarà la parte del co-finanziamento … Insomma, così è una dichiarazione importante ma generica, perché anche il dato sulla disoccupazione in Europa non è affatto omogeneo.

D. – Ma se non si possono toccare, appunto, i parametri – come ha ribadito Juncker – come si fa a crescere?

R. – Nella dichiarazione di Juncker ci sono altri capitoli che mi sembrano interessanti, come quelli sulla lotta alla burocrazia, soprattutto per le piccole e medie imprese; ma poi, il passaggio più sottolineato mi è sembrato quello a proposito delle riforme, profonde ed indispensabili – dice Juncker – che spaventano molti cittadini, ma se non si fanno queste riforme, i problemi possono essere ancora più gravi. E’ chiaro che l’altro passaggio molto, molto sottolineato è “non si fanno investimenti con i debiti”.

D. – Vede in questo piano una discontinuità con il passato?

R. – Così, a breve, non sembrerebbe. Vedremo un po’, poi, strada facendo, perché poi molto dipenderà da come andrà la ripresa economica nei vari Paesi e da come andranno le riforme nei Paesi che negli anni scorsi sono stati sottoposti al maggiore rigore, e cioè Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna.

D. – Non c’è spazio per il termine flessibilità, nel discorso di Juncker?

R. – Mi sembra evidente che non ci sia un’allusione specifica.

D. – Questo significa che l’austerità prevale e che se andrà bene, saranno comunque le persone a pagare mentre i sistemi andranno avanti?

R. – Qui c’è un capitolo in cui dice che il mercato non deve prevalere rispetto ai popoli e alle società: vedremo se poi questo succederà nella realtà.

D. – Parliamo di politica monetaria. Che cosa si profila con questo “no” ad un accordo di libero scambio anche con gli Stati Uniti ad ogni costo, e questo riferimento alla Troika che va ripensata …

R. – Per sistema monetario si intende il rapporto con l’euro, mi sembra un lungo capitolo che un po’ si è stabilizzato, direi molto più grazie alla politica di Draghi e della Bce che non a quella dei Paesi membri o della Commissione europea. Per quanto riguarda il capitolo dell’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, lì mi sembra che ci siano ancora molte divergenze, anche notevoli. Quindi, sarà probabilmente un argomento di cui si parlerà parecchio a livello negoziale nei prossimi mesi.

D. – In ultima analisi, con questi anni di lavoro di Juncker, che tipo di Europa dovremmo aspettarci?

R. – Io credo un’Europa sempre in equilibrio tra i Paesi a cui questi ultimi dieci anni hanno portato riforme e qualità nell’occupazione, nell’economia, cioè parlo della Germania in particolare, e di altri Paesi del Nord Europa, e altri Paesi in cui invece non si sono verificate condizioni altrettanto positive. Quindi, un dibattito sempre abbastanza serrato in cui però chi è in una posizione contrattualmente più forte probabilmente continuerà a farsi valere.








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