2014-07-11 19:14:00

A Gaza 100 morti per i raid israeliani. Hamas: non volate su Tel Aviv


Quarto giorno di offensiva israeliana su Gaza, che finora ha fatto oltre 100 morti, fra cui 22 minori, e 600 feriti. Anche i militanti palestinesi continuano a lanciare razzi contro lo Stato ebraico. Hamas lancia un avvertimento alle linee straniere a sospendere i voli per Tel Aviv. Da parte israeliana, è fermo il premier Netanyahu: ''nessuna pressione internazionale  - dice - ci impedirà di agire contro i terroristi a Gaza''. Il servizio di Debora Donnini:

 

Altissima la tensione in Medio Oriente. Va avanti l’“Operazione barriera protettiva” con raid aerei che hanno fatto almeno 100 morti palestinesi in 4 giorni. L’ultimo ha ucciso due militanti di Hamas. Anche i miliziani palestinesi continuano a lanciare razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele: 44 dalla mezzanotte. Hanno raggiunto Tel Aviv, Gerusalemme e persino Haifa, nel Nord. Molti sono stati intercettati dal sistema Iron Dome. Uno ha colpito la stazione petrolifera nel porto d Ashdod causando un vasto incendio: 3 i feriti, in condizioni gravissime. Ferma la posizione di Hamas: "Siamo pronti a combattere per mesi"; un cessate il fuoco sarà possibile solo se comporterà la rimozione del blocco di Gaza e la liberazione dei detenuti arrestati il mese scorso. Avvisate le compagnie straniere di sospendere i voli per l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, uno degli obiettivi dei missili da Gaza. Decisa anche la posizione israeliana: il premier Netanyahu promette che farà di tutto per riportare la calma. E alla domanda su una possibile operazione di terra a Gaza, risponde: "soppesiamo tutto, ci prepariamo a tutto”. Alta anche la preoccupazione internazionale. Nella notte il presidente Usa Obama ha telefonato a Netanyahu rendendosi disponibile a facilitare la cessazione delle ostilità. Intanto al Consiglio di sicurezza dell’Onu è circolata una bozza di risoluzione, preparata dai Paesi arabi, che chiede la fine  immediata del conflitto in corso a Gaza e un duraturo cessate il fuoco. 

 

Sull'emergenza umanitaria, Paolo Giacosa ha intervistato Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:


R. - La situazione è pesantissima. Il ministero della Sanità palestinese ha dato questa notizia: sono stati superati i 100 morti. Sono numeri che dicono ancora tremendamente poco. È davvero una catastrofe umanitaria quella che si va profilando su Gaza e, allo stesso tempo, va avanti anche il lancio di razzi da Gaza su Israele: stamattina c’è stata l’ennesima linea rossa superata da questo conflitto, prendendo di mira direttamente l’aeroporto Ben Gurion; per alcuni minuti è stato interrotto anche il traffico aereo. Sono quegli scenari che, purtroppo, mostrano uno scontro che va ulteriormente crescendo, rendendo anche probabilmente più vicina l’ipotesi di un attacco di terra che avrebbe conseguenze devastanti in un contesto come quello di Gaza.

D. - Obama si dice pronto a mediare ma le dichiarazioni tra israeliani e palestinesi non pronosticano situazioni rapide…

R. - Oggi scontiamo l’assenza di mediatori credibili. Scontiamo il fatto che questo buco nero - che è Gaza ormai da troppi anni - è stato emarginato dall’interesse del mondo e, quindi, una mediazione diventa anche difficile in un contesto come questo. Una mediazione funziona quando ci sono canali aperti nell’ordinario, nella comunicazione tra le due parti. Attualmente, tutto questo non esiste. Oggi Obama fa questa dichiarazione, ma non più di qualche settimana fa gli Usa hanno fatto un pesante passo indietro in Medio Oriente, dopo il fallimento del tentativo di Kerry. Oggi manca soprattutto chi dalla parte araba possa fare da ponte: non dimentichiamo che nelle crisi precedenti - sia nel 2009 sia nel 2012 - erano stati gli egiziani a togliere un po’ a tutti le castagne dal fuoco, soprattutto quella del 2012 aveva avuto successo proprio per un forte intervento da parte dell’allora presidente egiziano Morsi. Oggi al Cairo c’è un’altra situazione, un altro contesto ed il dramma di questa situazione è proprio il fatto che oggi non si vedono mediatori credibili all’orizzonte; per questo la situazione diventa molto pericolosa.

D. - I continui bombardamenti causano una difficile crisi umanitaria segnalata anche da organizzazioni come l’Unicef, o Medici Senza Frontiere. Quali sono gli interventi a sostegno della popolazione?

R. - Gli interventi a sostegno della popolazione sono quel poco che è possibile fare in questo momento in una situazione che è davvero drammatica. Non dimentichiamo che Gaza è un posto dove la crisi umanitaria è praticamente endemica: si vive in oltre un milione e 600 mila persone in 360 chilometri quadrati, il ché vuol dire una densità abitativa due volte quella di Roma in un contesto in cui i servizi non sono evidentemente gli stessi. Oggi ci sono gravi problemi ad esempio negli ospedali, perché manca il rifornimento di energia elettrica. È una situazione davvero incandescente, è una situazione che come al solito - al di là dei giochi dei potenti - va a colpire soprattutto le persone più povere, più deboli che sono le vere vittime di questo conflitto. È una situazione in cui oggi si può fare ben poco. Finché non si arriva ad un cessate il fuoco che interrompa questa follia, qualsiasi tipo di intervento umanitario rappresenta solo piccole cose.








All the contents on this site are copyrighted ©.