2014-06-29 20:13:00

Occorre un intervento per liberare Aleppo. Appello di Sant'Egidio


Orrore ad Aleppo, in Siria, dove i miliziani dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante hanno crocifisso otto combattenti rivali, secondo quanto riferisce l’ong di opposizione Osservatorio siriano per i diritti umani. Crescono intanto le adesioni all’appello con cui Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio aveva invitato a salvare la  città siriana, ricordando che ad Aleppo “accade qualcosa di terribile”, “ma viene ignorato, oppure si assiste rassegnati”: “Sono due anni – aveva sottolineato Riccardi – che si combatte ad Aleppo. Nel luglio 2012 è iniziata la battaglia nella città più popolosa della Siria. Eppure, i suoi due milioni di abitanti sono rimasti, preservando la millenaria coabitazione fra musulmani e cristiani”. “Bisogna imporre la pace – aveva concluso il fondatore della Comunità di Sant’Egidio – in nome di chi soffre”. Ma come è nato questo appello? Marina Tomarro lo ha chiesto a Claudio Betti della Comunità di Sant'Egidio:

R. – Sono due anni che è iniziata la battaglia. All’inizio, c’è stato un po’ di interesse nei confronti di quello che succedeva nella città, poi - come dice appunto l’appello - sembra che si sia cominciato ad ignorarlo quasi completamente. Si assiste un po’ rassegnati a quello che sta succedendo, senza essere in grado di prendere un’iniziativa.

D. – Avete notizie riguardo alla situazione di Aleppo, in questo momento?

R. – Si tratta di una città divisa in due parti, quasi nettamente contrapposte, con alcune zone, in particolare quelle intorno alla città vecchia, che sono teatro di scontri quasi quotidiani, con il discorso dell’acqua che viene tolta un giorno sì e un giorno no e quindi, adesso, con l’estate, il caldo torrido che è tipico di quelle regioni rende la situazione ancora più tragica.

D. – Riccardi, nella sua lettera, invita i governi coinvolti a fare una profonda riflessione. Ma, allora, qual è la strada per giungere alla pace?

R. – La strada per giungere alla pace in Siria sembra purtroppo una strada lunga, che però deve essere percorsa con coraggio. Bisogna cominciare a trattare; non si può continuare a pensare che la situazione si risolva in un modo o nell’altro da sola. Nel caso di Aleppo, le domande sono molto chiare: si tratta di creare corridoi umanitari e si tratta, prima di tutto, di salvare la gente di questa città. Non si può permettere che una popolazione intera sia ostaggio di una crisi come questa. Non è pensabile. E bisogna predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili. Bisogna trattare ad oltranza per la fine del combattimento. La trattativa è l’unica strada per risolvere la situazione. Oggi non è pensabile che una delle due parti vinca ad Aleppo. Quindi siamo di fronte ad una situazione ormai bloccata, che può essere risolta solamente con una presa di posizione coraggiosa da parte della comunità internazionale. 








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