2014-06-26 13:33:00

Gli Usa esportatori di energia: nuovi scenari geopolitici


Gli Stati Uniti dopo 40 anni tornano a esportare petrolio: la notizia è arrivata nella notte dal Wall Street Journal. Sono seguite precisazioni: non viene rimosso il divieto di esportare materiale greggio, in vigore dallo choc petrolifero degli anni '70, ma si autorizza la vendita sui mercati internazionali di prodotti condensati che hanno subito un processo, sia pure minimo, di lavorazione. In ogni caso, secondo gli esperti, si arriverà presto a cancellare il divieto di esportazione: con le nuove tecniche di estrazione dalla roccia, infatti, la produzione di greggio negli Usa è cresciuta del 60%. Dei nuovi sviluppi e delle implicazioni sul piano geopolitico Fausta Speranza ha parlato con Carlo Andrea Bollino, docente di Economia dell’energia:

R. - Con un’immagine semplicissima e naturalmente semplificata diciamo che la nuova tecnologia del "fracking" per il recupero dello shale gas e dello shale oil - cioè petrolio e gas da scisti (in sostanza da roccia) -, funziona in questo modo: trivellazione orizzontale e metodo di perforazione della roccia attraverso l’iniezione di potentissimi getti di acqua invece che con la punta da trapano. In questo modo, si possono raggiungere delle zone geologiche in profondità, dove petrolio e gas sono intrappolati, che non potrebbero essere recuperati con il sistema della trivellazione verticale, cioè del tubo che va verso il basso, come se fosse la cannuccia in una bottiglia. Con la trivellazione orizzontale, che è una nuova tecnica, si possono aprire - per così dire - dei cunicoli con l’acqua dentro queste formazioni di roccia e far risalire petrolio e gas. In realtà sono due tecniche vecchie di venti o trenta anni, però, per la prima volta, trivellazione orizzontale e idraulica sono state combinate insieme. In questo modo, abbiamo ottenuto una vera e propria nuova era del petrolio e del gas in America.

D. - Dunque la produzione del greggio davvero cresce a ritmo del 60% in più?

R. - Sì, gli Stati Uniti erano arrivati da una media storica di importazioni del 20% del loro fabbisogno; lo avevano quasi raddoppiato arrivando quasi al 40%. Adesso, con le nuove produzioni stanno tornando a quel livello per il petrolio, e diventano esportatori netti, potenzialmente, di gas. Questo significa che hanno nel loro continente più energia di quello che gli serve. Questo è quello che dobbiamo capire.

D. - Questo potrà significare un equilibrio diverso sul piano geopolitico?

R. - I commentatori si dividono. Secondo la mia opinione, sì, perché se gli Stati Uniti diventano esportatori di energia, condizioneranno i mercati emergenti - cioè il fabbisogno dell’India e della Cina - di nuovo da protagonisti, contrastando in questo momento la posizione che ha la Russia di grande esportatore di gas soprattutto, ma anche di petrolio, nei confronti della Cina e dell’India. Allora, questo significherà un nuovo modo di guardare alla globalizzazione: energia in cambio di tecnologia? Energia in cambio di pace e prosperità? Saranno tutti tavoli nuovi che, personalmente, vedo come molto promettenti per il futuro.

D. - Diciamo qualcosa anche in relazione al Medio Oriente, visto che i Paesi arabi per definizione sono i produttori mondiali di petrolio …

R. - I Paesi arabi evidentemente dovranno, essendo ancora grandi produttori di petrolio, diventare, secondo me, i follower degli Stati Uniti, cioè i seguaci della nuova visione geopolitica; non potranno più permettersi - lo dico in maniera molto cruda - di pensare che parte dei loro proventi possano prendere la strada del finanziamento del terrorismo, come purtroppo è accaduto in maniera incontrollata - sia chiaro -, nel passato. Dovranno esser parte di una nuova strategia per servire l’energia a chi la vuole, per esempio noi europei, in cambio di quella tecnologia, di quel Made in Italy, di quella saggezza, arte, sapienza che sapremo esportare verso di loro. Secondo me, il 2020 è dietro l’angolo - è la fine di questa decade - e sicuramente sarà il punto di svolta perché abbiamo la fine della politica delle fonti rinnovabili così come l’abbiamo conosciuta in Europa, che quindi andrà rinnovata; abbiamo questo affacciarsi prepotente delle esportazioni potenziali delle energie americane; abbiamo una nuova maturazione anche politica nel senso demografico dei Paesi arabi. Quindi, alla fine di questa decade io penso che vedremo un nuovo mondo. Questo è il mio auspico.








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