2014-06-24 13:10:00

A Crotone, Intersos lancia "Mesoghios" per poveri e migranti


Si chiama “progetto Mesoghios” ed è l’iniziativa lanciata dall’organizzazione umanitaria italiana Intersos nella provincia di Crotone, per garantire il diritto all’assistenza sanitaria a migranti, rifugiati e cittadini italiani che vivono in condizioni di esclusione. Il progetto, realizzato in collaborazione con diverse realtà locali, prevede la creazione di un poliambulatorio, di uno sportello socio-sanitario e di una clinica mobile. Ce ne parla Davide Maggiore:

"Mesoghios" non vuole sostituirsi al servizio sanitario locale, ma sostenerlo e integrarlo, permettendo a chi si trova ai margini della società di ricevere assistenza. Una condizione che riguarda molti di coloro che sono rimasti senza lavoro: nel crotonese il loro numero ha raggiunto i 15 mila, e il tasso di disoccupazione ormai è al 25%. A questa situazione si aggiunge poi quella delle migliaia di migranti presenti in tutta la provincia, che ospita un Centro di accoglienza per i richiedenti asilo che è il secondo più grande d’Europa. Ascoltiamo Pino de Lucia, della cooperativa Agorà Kroton, che è tra i partner del progetto di Intersos:

“Nella provincia di Crotone, in questo momento, c’è un totale di oltre 2300 migranti, come presenza giornaliera. A Crotone è presente una delle Commissioni dove vengono dati i permessi di soggiorno. Dal ’99 ad oggi, quindi, parliamo di 150 mila persone, che man mano, a scaglioni, ritornano per rinnovare il permesso. Non hanno una dimora, non hanno nulla, e devono vivere per strada. Purtroppo, vivendo sui marciapiedi, c’è anche il rischio di malattie ed ecco perché un ambulatorio come questo può servire”.

"Mesoghios" è quindi la risposta, insieme, a due emergenze, che nel Meridione trovano un punto d’incontro geografico. Da qui prende le mosse la presenza di Intersos, come spiega Cesare Fermi, responsabile per i programmi italiani dell’organizzazione:

Mesoghios vuol dire Mediterraneo, in lingua greca, e adesso, per noi, ma non solo per noi, è ormai evidentemente il centro di questo mondo moderno, l’imbuto dove passano le crisi dell’Est, del Sud del resto del mondo; crisi che passano e vengono dove noi le viviamo in prima persona. Ormai, considerare l’intervento umanitario come un intervento in Paesi lontani, per noi, non ha più senso”.

La logica del progetto, però, va oltre l’emergenza e guarda a risultati da ottenere anche nel medio periodo. Ancora Cesare Fermi:

“L’operatività di risposta all’emergenza, che abbiamo voluto tenere anche in Italia, si basa su un intervento fortemente supportato, condiviso e studiato con la comunità. Il progetto mira poi ad essere preso in carico proprio dalle persone, dalle associazioni del luogo, che già collaborano con noi sin dall’inizio. Quindi noi pensiamo che in tre, quattro anni questo progetto potrebbe e dovrebbe essere preso in carico dalla comunità locale, a costi - praticamente - ridotti”.  

"Mesoghios", infine, nelle speranze di chi lavora sul territorio, può diventare anche il primo passo verso un modello diverso di accoglienza. Lo spiega Pino de Lucia:

“Per noi l’accoglienza non può essere nei 'mega centri', nei centri grandissimi di mille, duemila persone. Noi tendiamo idealmente a fare un’accoglienza diffusa, nei piccoli Paesi, nei nuclei familiari, perché quando si hanno questi numeri, secondo noi, non c’è possibilità di relazione umana. I piccoli numeri, invece, ci danno questa possibilità. L’accoglienza vera è anche un fatto culturale e a Crotone sta succedendo questo. E’ una cosa, quindi, molto positiva”.








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