2014-06-23 07:49:00

Usa più vicini al nuovo corso dell’Egitto


Gli Stati Uniti appoggiano il nuovo Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi. Il segretario di Stato Kerry, che ieri era in Egitto,, ha annunciato lo scongelamento di una prima tranche di aiuti da 572 milioni di dollari e la fornitura di dieci elicotteri Apache, destinati a combattere il terrorismo nella penisola del Sinai. Intanto due giorni fa la condanna a morte di 183 persone con l'accusa di istigazione alla violenza. Si tratta in maggioranza di Fratelli Musulmani e tra di loro c’è anche il leader Mohammed Badie. In proposito Benedetta Capelli ha raccolto il commento di Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto di politica internazionale:

R. - Sicuramente la condanna a morte del leader della Fratellanza Musulmana egiziana Mohammed Badie – tra l’altro abbastanza prevedibile - è veramente un colpo molto duro. Quindi la Fratellanza Musulmana, dal punto di vista politico, in questo momento è totalmente fuori gioco. Resta da vedere quanto e se sarà in grado di organizzarsi da un punto di vista anche sociale con una presenza più dal basso e se un giorno riuscirà a riorganizzarsi e a ristrutturare anche il partito politico. Il rischio che c’è alle porte - al contrario - è quello di una radicalizzazione del movimento e quindi di un nuovo scontro con le istituzioni.

D. - Con l’elezione del generale Al-Sisi si è chiuso davvero un capitolo della recente storia egiziana, oppure ci sono ancora degli strascichi?

R. - Per il momento un ciclo sembra abbastanza chiuso. 

D. - Il segretario di Stato americano Kerry è atteso in Egitto. Che ruolo possono giocare gli Stati Uniti nel futuro, anche economico, del Paese?

R. - Gli Stati Uniti sono stati molto scostanti dal dopo Mubarak. Sostanzialmente hanno accettato la caduta di Mubarak, poi sostenuto in un primo momento la Fratellanza Musulmana quando questa è andata al potere; quando Al-Sisi ha fatto il colpo di Stato che ha portato alla caduta di Morsi, gli Stati Uniti hanno - di fatto - accettato una situazione che ormai si era verificata … Quindi non hanno giocato un ruolo di primo piano. Anche dal punto di vista economico, in un primo momento, avevano ritirato gli aiuti militari - perché sostanzialmente erano questi gli aiuti che gli Stati Uniti davano all’Egitto - ma poi, piano piano pare che, viste le ultime dichiarazioni di Obama e di Kerry, gli Stati Uniti cominceranno a fornire nuovamente degli aiuti all’Egitto, anche perché c’è il rischio – come sta accadendo su altri fronti – che la Russia arrivi a colmare quel vuoto che gli Stati Uniti lascerebbero. Quindi per la stabilità dell’area e della regione, gli Stati Uniti - di fatto - continueranno ad accettare la situazione che si è verificata e quindi a sostenere l’attuale governo.

 

Gli Stati Uniti appoggiano il nuovo Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi. Il segretario di Stato Kerry, che, come abbiamo sentito ieri era in Egitto, ha annunciato lo scongelamento di una prima tranche di aiuti da 572 milioni di dollari e la fornitura di dieci elicotteri Apache, destinati a combattere il terrorismo nella penisola del Sinai. Intanto due giorni fa la condanna a morte di 183 persone con l'accusa di istigazione alla violenza. Si tratta in maggioranza di Fratelli Musulmani e tra di loro c’è anche il leader Mohammed Badie. In proposito Benedetta Capelli ha raccolto il commento di Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto di politica internazionale:

 

R. - Sicuramente la condanna a morte del leader della Fratellanza Musulmana egiziana Mohammed Badie – tra l’altro abbastanza prevedibile - è veramente un colpo molto duro. Quindi la Fratellanza Musulmana, dal punto di vista politico, in questo momento è totalmente fuori gioco. Resta da vedere quanto e se sarà in grado di organizzarsi da un punto di vista anche sociale con una presenza più dal basso e se un giorno riuscirà a riorganizzarsi e a ristrutturare anche il partito politico. Il rischio che c’è alle porte - al contrario - è quello di una radicalizzazione del movimento e quindi di un nuovo scontro con le istituzioni.

D. - Con l’elezione del generale Al-Sisi si è chiuso davvero un capitolo della recente storia egiziana, oppure ci sono ancora degli strascichi?

R. - Per il momento un ciclo sembra abbastanza chiuso. 

D. - Il segretario di Stato americano Kerry è atteso in Egitto. Che ruolo possono giocare gli Stati Uniti nel futuro, anche economico, del Paese?

R. - Gli Stati Uniti sono stati molto scostanti dal dopo Mubarak. Sostanzialmente hanno accettato la caduta di Mubarak, poi sostenuto in un primo momento la Fratellanza Musulmana quando questa è andata al potere; quando Al-Sisi ha fatto il colpo di Stato che ha portato alla caduta di Morsi, gli Stati Uniti hanno - di fatto - accettato una situazione che ormai si era verificata … Quindi non hanno giocato un ruolo di primo piano. Anche dal punto di vista economico, in un primo momento, avevano ritirato gli aiuti militari - perché sostanzialmente erano questi gli aiuti che gli Stati Uniti davano all’Egitto - ma poi, piano piano pare che, viste le ultime dichiarazioni di Obama e di Kerry, gli Stati Uniti cominceranno a fornire nuovamente degli aiuti all’Egitto, anche perché c’è il rischio – come sta accadendo su altri fronti – che la Russia arrivi a colmare quel vuoto che gli Stati Uniti lascerebbero. Quindi per la stabilità dell’area e della regione, gli Stati Uniti - di fatto - continueranno ad accettare la situazione che si è verificata e quindi a sostenere l’attuale governo.

 








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