2014-06-18 12:40:00

Isil alle porte di Baghdad. Digiuno e preghiera per la pace


In Iraq, nella giornata per la pace indetta dal patriarcato di Babilonia dei caldei, non si arresta l’avanzata dei jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. I miliziani sunniti hanno preso il controllo della raffineria di Baiji, la più grande del Paese, e marciano verso Baghdad. La cronaca di Massimiliano Menichetti:

Regnano violenza e caos in Iraq. I gruppi jihadisti hanno conquistato la regione di Ninive, si sono impadroniti di gran parte di quella di Tallafar, occupate diverse città tra cui Mosul e Tikrit. Respinto l’attacco a Baquba, a 60 chilometri da Baghdad, obiettivo dichiarato quest’ultimo degli estremisti sunniti. E nella capitale ieri un'autobomba nel quartiere sciita ha ucciso oltre 10 persone e ne ha ferite 35. In mano ai jihadisti anche il valico di Al Qaim, che collega il Paese con la Siria. Inefficace per ora l’azione dell’esercito. Il primo ministro iracheno, Nouri al Maliki, ha licenziato quattro comandanti per non aver compiuto, ribadisce, "il loro dovere nazionale”. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha chiesto al premier di avviare un dialogo per tentare di fermare le violenze, mentre l'inviato Onu, Nickolay Mladenov, ha avvertito che la crisi "minaccia l'esistenza stessa dell'Iraq”. Grande la preoccupazione della Chiesa caldea. Nessun numero certo sulle vittime degli scontri, si stimano centinaia di morti e feriti. E uno scenario di devastazione dove anche quarantina di operai indiani impegnati nella costruzione di un edificio vicino a Mosul, sono stati sequestrati, dall’Unesco arriva l’appello a rispettare il patrimonio storico-artistico del Paese: 4370, secondo fonti ufficiali, i siti già distrutti.

 

Al microfono di Massimiliano Menichetti, mons. Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Iraq e Giordania, commenta la crisi in atto nel Paese:

R. - C’è molta preoccupazione per l’avanzata delle forze dell’esercito islamico dell’Iraq e del Levante, verso Baghdad. Difficilmente si prevedono soluzioni politiche, che sono le uniche che possono risparmiare altro sangue. Per questo motivo, il patriarca ha invitato tutti i fedeli a pregare e a invocare il dono della pace.

D. - La pace per l’Iraq era stata invocata anche dal Papa alla fine dell’anno scorso. Ora, sembra lontana…

R. - Diciamo che la pace è in grave pericolo: c’è il rischio grave di uno scontro settario. Non si vede altra soluzione che uno stop ai combattimenti, per una riconciliazione nazionale e un tavolo di trattative che comprenda tutte le forze in campo.

D. - Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, continua a esortare al dialogo. C’è chi invece sembra spingere per un intervento militare internazionale…

R. - A mio avviso, un intervento militare sarebbe una catastrofe, come sempre. Le armi non possono risolvere i problemi, ne creano sempre di nuovi. Quindi, ci vuole il buon senso, leader illuminati desiderosi di implementare il bene comune e non il bene di una parte.

D. - Come vive la comunità cristiana queste ore, questi giorni?

R. - A parte la grande apprensione e paura che c’è in tutti, le comunità cristiane non sono state direttamente attaccate. Ho saputo, anzi, che le forze anche dell’Isil sono andate a vedere il vescovo di Mosul dei siro-cattolici per chiedergli se possono essergli utili in qualche modo. Questo da una parte tranquillizza, perché c’è l’intento di non attaccare la popolazione e neppure i cristiani. D’altra parte, forse ancora più preoccupante perché significa che c’è una strategia molto seria dietro.

D. - Lei ha ribadito più di una volta che bisogna agire sul disarmo della popolazione…

R. - Bisogna andare controcorrente, perché la popolazione purtroppo si sta armando ed è stata invitata a prendere le armi. Bisogna mettere da parte le proprie ambizioni. Il mio auspicio è che tacciano le armi e che ci si sieda per dialogare e trovare una soluzione che vada bene per tutti. Per questo, chiedo ai fedeli di pregare per fermare questa situazione.








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