2014-06-11 16:03:00

Sì della Corte all'eterologa. Eusebi: necessaria profonda riflessione


Una ingiustificata discriminazione delle coppie sterili in base alle loro condizioni economiche e una lesione della libertà fondamentale della coppia di formare una famiglia con dei figli: queste le motivazioni principali, depositate ieri, della sentenza con cui lo scorso aprile la Consulta dichiarava incostituzionale il divieto del ricorso alla fecondazione eterologa, contenuto nella Legge 40. Una pratica prevista invece in diversi Paesi europei. Molti i commenti pro e contro la sentenza. Da parte sua, il segretario dei vescovi italiani, mons. Nunzio Galantino, ha commentato: "Nessuno di noi è padrone di nessuno e nemmeno i genitori sono padroni dei loro figli”. Adriana Masotti ha sentito Luciano Eusebi, docente di Diritto penale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e membro del Centro di Ateneo di Bioetica.

R. – Io credo sia indispensabile creare le condizioni per riportare l’attenzione su un nodo culturale fondamentale, che è questo: ma ci sono delle caratteristiche umane della generazione? Tra poco tempo, potremo avere, per esempio, una gravidanza totalmente artificiale. Sarebbe umana una generazione senza più alcun ruolo della donna? La clonazione potrà essere migliorata dal punto di vista tecnico, ma è un caso che la generazione umana sia stata posta dalla natura attraverso il contributo genetico di due individui di sesso diverso? Sulla eterologa: è un caso che la generazione umana implichi una relazione tra i soggetti generanti? E tale carattere di relazione può essere disgiunto dalla corporeità?

D. – Assolutamente legittima, la riflessione che lei chiede di fare. Ma il fatto di dire – come fa la Consulta – “non è giusto che chi può ottenga e chi non può economicamente deve rinunciare al proprio figlio”,  è altrettanto legittimo?

R. – Ma questa constatazione è purtroppo una constatazione di fatto. Rispetto a qualsiasi scelta che dovesse ampliare una facoltà operata in un Paese e non in un altro, si viene a creare oggettivamente una diversità di trattamento. Ma non possiamo per questo esimerci da quel tipo di riflessione di fondo sulla accettabilità umana, sulle caratteristiche della generazione, di cui avevamo parlato in precedenza.

D. – Certo il cammino è lungo perché, da una parte – come appunto mons. Galantino – si dice che questa apertura non garantisce i più deboli. Dall’altra c’è chi invece dice: si tratta di un atto d’amore in più, di avere bambini per uomini e donne che hanno la sfortuna di essere sterili…

R. – L’apertura che deriva dalla sentenza propone poi tutta una serie di ulteriori problemi. Ad esempio, il problema che è stato dibattuto in tutta Europa e che ha portato a una fortissima restrizione del ricorso alla fecondazione eterologa, che è il problema dell’anonimato della cosiddetta donazione. Quindi, da un lato c’è la necessità di un intervento normativo, una volta che si ammetta l’eterologa. Dall’altro lato – torno a ribadire – c’è questo profilo di fondo: è umano mettere in gioco i propri gameti al di fuori della relazione con un’altra persona? Ecco, io credo che questa domanda debba poter essere affrontata con serenità, perché se si dà rilievo soltanto alle considerazioni che sono svolte nella sentenza della Corte costituzionale, sarà facile compiere altri passi di ammissione di qualsiasi modalità tecnica di generazione: pensiamo anche alla surrogazione di maternità, all’utero in affitto…

D. – Secondo lei, dunque, ci sarà bisogno di un passaggio parlamentare per stabilire norme, chiarire procedure sulla eterologa?

R. – Ci sono certamente numerosi nodi da chiarire. Chi non essendo genitore geneticamente generante accetti l’eterologa del suo partner, si dovrà chiarire se poi può fare un disconoscimento di paternità, e poi la conoscenza delle proprie ascendenze genetiche, appunto, dovrebbe essere nota. E tutto questo credo che la legge dovrà precisarlo, precisando anche che quantomeno – voglio sperare – se si ammette la eterologa, il seme di una medesima persona, ad esempio i gameti di una medesima donna, non possano essere usati per più generazioni, e altre problematiche di questo genere che, a catena, un po’ si ricollegano.








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