2014-06-06 20:10:00

La preghiera, la nostra forza: così i sacerdoti rapiti in Camerun


Rientrati a Vicenza parlano per la prima volta del loro rapimento in Camerun i due missionari don Gianpaolo Marta e don Gianantonio Allegri. In mezzo al nulla solo la preghiera ha potuto garantire loro salute e serenità. Il servizio di Karemi Furlani

“Siamo stati prelevati dalla nostra missione con la forza da una quindicina di persone, ma non sapevano fossimo preti. A loro bastava prendere dei bianchi!”. Iniziano così il racconto della loro disavventura don Gianantonio Allegri e don Giampaolo Marta: “Sicuramente una setta fondamentalista islamica, proseguono: molti giovani non scolarizzati, che si sono presentati con un lungo nome, dove abbiamo riconosciuto solo la parola ‘jihad’”. Quando è accaduto è stato per i due missionari un piccolo inferno fisico, ma anche una grande esperienza spirituale.

R. - Un piccolo inferno nel senso che la parola forte era la spoliazione di tutto. Eravamo in foresta e il nostro fisico ha dovuto affrontare una mancanza di comodità… Poi il discorso spirituale, di fede, perché eravamo insieme – eravamo in tre – e questa è stata una fortuna: due preti e una suora; una suora tra l’altro di 74 anni, che aveva quindi sulle spalle una esperienza di Camerun di 35 anni, missionaria del Camerun. Quindi siamo stati molto aiutati anche da lei, come noi abbiamo aiutato lei per altri versi. Come i musulmani pregavano anche noi cinque volte al giorno.

D. – Quindi i rapitori recitavano il Corano e voi facevate le vostre preghiera e il Rosario un po’ di nascosto…

R. – All’inizio non ci impedivano di pregare: potevamo pregare a voce alta, soprattutto il Rosario. Poi qualucno si è accorto che questa poteva essere una preghiera dei cristiani e quindi ce lo hanno impedito! Ma si trova lo stesso il modo di pregare insieme: si annunciava il Mistero e si pregava in silenzio. La preghiera penso sia stata proprio una realtà che ci ha sostenuto.








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