2014-06-06 11:46:00

Celebrazioni in Normandia per il 70.mo del D-Day


Sono in pieno svolgimento le celebrazioni per ricordare i 70 anni dallo sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944. Il presidente francese, Hollande, ha aperto le cerimonie mentre nel pomeriggio si svolgerà la rievocazione dell’evento. Omaggiando le vittime americane al cimitero di Colleville sur Mer, il presidente Obama ha ricordato il loro sacrificio che ha aperto la strada ad un’era di democrazia e libertà. Intanto, a margine delle celebrazioni, si è svolto l'incontro tra il presidente russo, Putin, ed il suo omologo ucraino, Poroshenko: si lavora per un cessate-il-fuoco. Il servizio di Benedetta Capelli:

Il sole abbagliante illumina le diecimila lapidi nel cimitero di guerra americano di Omaha Beach. Diecimila giovani che sacrificarono la loro vita per liberare l’Europa dal gioco nazifascista esattamente 70 anni fa. L’omaggio del presidente Obama è commosso, per ben due volte i veterani, i loro famigliari e le autorità si alzano in piedi per applaudire la memoria di quei ragazzi che “per primi – ha detto Obama - aprirono una breccia nel muro di Hitler”. “Uno sbarco – ha aggiunto – che fece da testa di ponte verso la democrazia e l’impegno degli Stati Uniti per la libertà è dunque scritto nel sangue versato sulle spiagge della Normandia”. Parlando alla folla,il presidente ha anche ricordato il suo nonno materno che, un mese dopo il D-Day, giunse in quei luoghi. Accanto ad Obama, il suo omologo francese Hollande. “La Francia non dimenticherà mai ciò che deve agli Stati Uniti”. “Quella di oggi – ha aggiunto – è una data memorabile della storia, quella in cui i due nostri popoli si misero insieme nella stessa lotta per la libertà”. Poco prima Hollande aveva aperto ufficialmente le celebrazioni. Ricordando la barbarie vissuta dalla Francia, il capo dell’Eliseo aveva sottolineato l’attuale impegno francese per preservare la pace ovunque in Africa e alle porte dell'Europa. Un richiamo sottinteso al Mali e al Centrafrica. “E’ un dovere – ha ribadito Hollande - aiutare chi soffre”. Nel pomeriggio, la rievocazione dello sbarco con 500 comparse di fronte a ottomila invitati, tra di loro una ventina di capi di Stato. A margine sono molti gli incontri in programma. I primi a vedersi il presidente russo, Putin, e la cancelliera tedesca, Merkel. Al centro del colloquio la crisi in Ucraina e le strade da intraprendere per risolverla. A seguire l'incontro tra il capo del Cremlino e  il neopresidente ucraino, Poroshenko; si lavora per un cessate il fuoco. 

La rievocazione dei momenti della più imponente forza d'invasione della storia rivive nel racconto di Massimiliano Menichetti:

Il 6 giugno 1944 ha inizio la più importante invasione di mezzi anfibi mai pensata dagli alleati: lo sbarco in Normandia, un’operazione capace di decidere il destino dell’Europa. Quel giorno è ricordato come il D-Day, il giorno più lungo. Sedici minuti dopo la mezzanotte del 5 giugno, gli aerei della Royal Air Force si alzano in volo. L’Operazione "Overlord" – l’invasione dell’Europa, con obiettivo finale Berlino – era iniziata. Centinaia i paracadutisti in cielo, i bombardamenti di copertura, i tiri dell’antiaerea, impenetrabili bunker tedeschi protetti da mine, ostacoli antisbarco, decine di mitragliatrici e cannoni anticarro. La flotta alleata – più di duemila navi – arriva sulla costa alle 6.30 del mattino: circa 175 mila soldati, sotto il comando del generale americano Eisenhower, sbarcheranno sulle rive francesi sotto la pioggia dei proiettili tedeschi per conquistare le cinque spiagge obiettivo: Utah, Juno, Sword ed Omaha, spiaggia in cui persero la vita circa 2.500 soldati. Alla fine della giornata gli Alleati erano penetrati da un massimo di 10 chilometri a un minimo di due nel Vallo Atlantico, ovvero, la difesa costiera costruita dai tedeschi. Una svolta nella storia costata la vita a circa 4.900 uomini.

Il 4 giugno Roma era stata liberata dall'oppressione nazifascista. Sono le otto del mattino quando le unità della quinta armata statunitense convergono su Roma, mentre le ultime retroguardie tedesche abbandonano la capitale. Dalla periferia meridionale entrano i primi reparti del generale Mark Clark. Alle 19.15, l’88.ma divisione americana raggiunge Piazza Venezia, la città era finalmente libera dall’oppressione nazifascista. Una folla incredibile si riversò sulle vie Appia, Tuscolana e Casilina mentre le lacrime di gioia si mescolavano alle grida di vittoria. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe finita 11 mesi più tardi in Europa e la resistenza italiana avrebbe dovuto combattere a fianco degli Alleati i colpi di coda del conflitto. Ma Roma era la prima capitale dell’Europa occidentale ad essere stata liberata. Roma, dichiarata “città aperta”, secondo la Convenzione dell’Aia del 1907 – cioè, considerata priva di truppe e di obiettivi militari e protetta spiritualmente dalla presenza del Papa - aveva comunque vissuto gli orrori della guerra: le persecuzioni, i bombardamenti, le deportazioni e le stragi. La popolazione era praticamente ridotta alla fame, ma il 4 giugno 1944 fu festa. Il giorno dopo la liberazione, una folla immensa di romani si riversa spontaneamente in Piazza San Pietro, acclamando Papa Pio XII – “Defensor Civitatis”, difensore della città – per la sua opera e protezione della capitale. Il Papa si affaccia il 6 giugno dalla Loggia esterna della Basilica per ringraziare Dio: “Roma – dice – è stata preservata da un incommensurabile pericolo” ed invita la popolazione a frenare gli istinti del rancore, della vendetta e dell’egoismo per soccorrere, invece, i più poveri e sofferenti. 

 

Settant’anni fa, lo sbarco in Normandia. La regione della Francia settentrionale attende la celebrazione ufficiale dell’evento, decorando case e strade con i colori degli alleati. Alla commemorazione sulla spiaggia dello sbarco, saranno presenti 19 capi di Stato e di governo, tra questi anche il Presidente russo Vladimir Putin. Sul significato del D-Day nella memoria collettiva, Gianmichele Laino ha intervistato Francesco Malgeri, docente di Storia Contemporanea:

 

R. – Ha rappresentato un momento fondamentale per la storia della Seconda Guerra mondiale, in quanto ha posto l’esercito tedesco in una morsa: ad Occidente gli alleati e ad Oriente l’Unione Sovietica. Questa decisione era stata presa in un incontro, alla Conferenza di Teheran, nel dicembre ’43, dove dopo numerose insistenze da parte di Stalin si decise di aprire quello che veniva chiamato il “secondo fronte”, cioè il fronte occidentale.

D. – Un evento pianificato in ogni dettaglio, che pure aveva tante incognite dietro l’angolo. Cosa determinò il successo di quelle operazioni?

R. – Innanzitutto, il successo è stato determinato dall’impiego massiccio di forze con migliaia di navi da guerra e mezzi da sbarco; forse anche dalla convinzione dei tedeschi, che avevano predisposto una linea difensiva, denominata “vallo atlantico”, che doveva costituire una difesa, con punti fortificati sulla costa, e che invece si rivelò inefficace alla prova del fuoco; probabilmente, anche dalla convinzione che lo sbarco avvenisse nella zona di Calais, mentre lo sbarco in Normandia li colse un po’ di sorpresa.

D. – Cosa ha rappresentato per gli Stati Uniti, a livello di valori, uno sbarco in un altro continente, a chilometri di distanza dai propri confini?

R. – Ha rappresentato, non solo negli Stati Uniti, ma anche nel resto dell’Europa, la convinzione che la forza militare americana, anche la potenza economica americana, cominciava sul piano internazionale ad avere un peso mai prima conosciuto, e preparava – diciamo così – anche gli equilibri successivi alla guerra.

D. – Un documentario di Mauro Vittorio Quattrina del 2009 si intitola “D-Day: noi italiani c’eravamo”. In che modo l’Italia ha vissuto direttamente o indirettamente il giorno più lungo?

R. – L’Italia l’ha vissuto, tenendo anche presente la situazione che allora viveva il nostro Paese, perché siamo nel giugno del ’44 e siamo in una fase in cui è avvenuta la liberazione di Roma, ma ancora indubbiamente la gran parte dell’Italia centro-settentrionale è da liberare dall’invasione tedesca. Il forte impegno militare che i tedeschi dovevano affrontare in Francia indeboliva notevolmente anche la possibilità di resistenza sul fronte italiano.   








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