2014-05-28 20:22:00

Scontri a Donetsk, la testimonianza del fotoreporter Bucciarelli


In Ucraina sono ripresi, a Donetsk, gli scontri tra forze governative e le milizie separatiste filorusse. E mentre la Croce Rossa chiede medicinali per soccorrere il numero crescente di feriti, le parti coinvolte nel conflitto chiudono, per il momento, ogni spiraglio di pace. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

L’esercito ucraino lancia un nuovo ultimatum ponendo i miliziani presenti a Donetsk, di fronte ad un bivio: la resa o la morte. Ma i ribelli filorussi non intendono cedere e annunciano che continueranno a combattere. L’autoproclamata “Repubblica popolare” conferma, inoltre, che è in vigore il coprifuoco dalle 20 alle 6 del mattino. I civili cercano di fuggire dalla città. L’Osce annuncia poi di aver perso i contatti con un suo secondo team di osservatori. E mentre caccia militari ucraini sorvolano i cieli di Donetsk, la Russia sottolinea che l’uso della forza nell’est del Paese porta la crisi ad un “vicolo cieco”. E il presidente americano Barack Obama, riferendosi alla crisi ucraina, ribadisce l’importanza dell’azione multilaterale E’ stato liberato, intanto, il sacerdote cattolico polacco rapito ieri da separatisti filorussi. Nel pomeriggio, infine, è arrivata in Italia la salma del fotoreporter italiano, Andrea Rocchelli, ucciso sabato scorso a Sloviansk da colpi di mortaio insieme con il suo interprete russo Andrey Mironov.

Sulla situazione in Ucraina Amedeo Lomonaco ha intervistato il fotoreporter Fabio Bucciarelli raggiunto telefonicamente a Donetsk:

R. - Oggi gli scontri sono meno forti, meno violenti degli ultimi due giorni, anche se nella zona dell’aeroporto si sono sentiti colpi a fuoco.

D. - Come descriveresti la situazione di Donetsk con una foto che hai scattato?

R. – Quello che ho visto ieri richiama molto la guerra civile siriana, la guerra civile libica. Sono stato all’obitorio e ho visto circa 30 corpi ammassati di guerriglieri filo russi.

D. – Questa è un’istantanea, purtroppo, emblematica della situazione a Dontesk. Hai scattato anche foto che fanno intravedere, invece, spiragli di pace?

R. – Tolti gli ultimi giorni in cui hanno chiuso molti locali e le macchine sono diminuite, fino a due giorni fa c’era il “daily life”. Daily life vuol dire che ci si affaccia alla finestra e si vede la gente in giacca e cravatta andare a lavoro, i ristoranti pieni. Quindi è un po’ un paradosso. Questa situazione sta cambiando e da due giorni è mutata.

D- Sabato scorso il collega Andrera Rocchelli è morto dopo essere stato colpito da colpi di mortaio. Perché l’esigenza di raccontare, a volte, diventa più forte di qualsiasi rischio?

R. – E’ un’ossessione il fotogiornalismo. Un’ossessione con un connotato positivo. E’ una missione. Un qualcosa che uno fa considerando i danni. Quei danni che può creare a se stesso e alle persone care. Quindi quello che è successo ad Andy è una grande tragedia per tutto il mondo, per tutti noi colleghi e i suoi amici. Ma è un qualcosa che tutti noi mettiamo in conto. E io stesso metto in conto questo nel momento in cui lavoro. Nel momento in cui si cerca di documentare una realtà per renderla visibile agli occhi del mondo. 








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