2014-05-28 14:13:00

A Donetsk è guerra, civili in fuga. Kiev lancia l'ultimatum ai filo-russi


A Donetsk, nell’est dell’Ucraina, infuria la battaglia. Decine di civili tentano di salvarsi fuggendo verso la parte ovest della città, il cui centro è sotto il fuoco incrociato dei militari ucraini e dei miliziani. E le autorità di Kiev lanciano un ultimatum ai separatisti filorussi. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Arrendersi o morire. E’ l’ultimatum che Kiev ha lanciato ai filo-russi di Donetsk. Nella città, sorvolata dai caccia, è stato imposto il coprifuoco, e si spara in quasi tutte le zone. I civili tentano di mettersi in salvo fuggendo verso la parte ovest, mentre le forze ucraine stanno intensificando l’offensiva contro i miliziani. E’ battaglia di cifre sulle vittime delle ultime ore, a seconda delle fonti si parla di una quarantina, ma anche di un centinaio. La Croce Rossa chiede urgentemente medicinali e materiali per soccorrere il sempre più alto numero di feriti, mentre l’Osce annuncia il possibile ritiro degli osservatori. E' stato intanto liberato il sacerdote cattolico polacco che da ieri si trovava nelle mani dei  miliziani filorussi. Ne ha dato notizia il ministero degli Esteri polacco.

Ieri, mentre dall’Ue arrivava la richiesta a Mosca di collaborare con il nuovo presidente ucraino, quest’ultimo, Petro Poroshenko, incassava il sostegno del presidente Usa, Barack Obama, e soprattutto stupiva lanciando ai filorussi un secco ultimatum. Che periodo si apre con Poroshenko? Emanuela Campanile lo ha chiesto a Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni internazionali all'Università Cattolica di Milano:

R. – E’ un periodo in cui gli ucraini tentavano di chiudere questa partita, perché sanno che se la lasciano decantare l’inizio sarà una secessione di fatto. Pensiamo all’Abkhazia, pensate all’Ossezia, alla Transnistria: tutti territori esterni alla Federazione russa che hanno fatto secessione dalle rispettive Repubbliche con l’aiuto russo. Ogni volta che si lascia decantare una situazione del gener,e vuol dire dover rinunciare a un territorio. Sembra che sia un po’ difficile chiedere agli ucraini di procedere in questa direzione, anche se evidentemente siamo tutti preoccupati per il possibile acuirsi della crisi e siamo chiaramente molto rattristati per il sacrificio di vite umane. Ma quando le armi cominciano a parlare questo è inevitabile.

D. – Molti analisti parlano del ruolo dagli oligarchi anche in Ucraina. Secondo lei, è fondamentale in questo scacchiere che ci ha appena presentata?

R. – E’ molto importante in due direzioni. Da un lato, perché hanno interessi che potrebbero non essere più così facilmente tutelabili se l’Ucraina, nel lungo periodo, si avvicinasse progressivamente all’Unione Europea e diventasse quindi un territorio, uno Stato, governato dalla legge. Il ruolo degli oligarchi si è creato, è stato alimentato, da una situazione istituzionale molto lasca, soggetta alle pressioni dei più potenti. L’altro elemento è che bisogna sempre ricordare che questi oligarchi sono legati a filo doppio con Putin e la sua Russia. Putin non è solo il presidente della Russia, non è solo un presidente tendenzialmente autoritario di un sistema che si sta sempre più spersonalizzando, ma è anche l’uomo più ricco della Russia. La Russia è sempre più simile a un emirato arabo, nel senso che vive di grandi risorse naturali, di finanza, ed è un Paese in cui chi governa il Paese ne possiede la ricchezza economica in senso stretto. Quindi, questa cosa spiega molto delle mosse di Putin.

D. – Di fronte a questi enormi interessi economici, che poi coinvolgono non solo nello specifico lo Stato dell’Ucraina ma l’intera Europa e non solo, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno le mani legate?

R. – Non possiamo fare molto, nel senso che da un punto di vista militare, chiaramente, al momento la situazione non può prevedere nessun tipo di intervento a sostegno del governo. Dico al momento perché già si vede come con l’aumento dei morti, il quadro cambia e cambiano anche le opzioni e il costo politico delle opzioni. Per essere molto chiari: se la Russia non interviene è un discorso, se la Russia interviene come in Crimea è un discorso diverso ancora. Ma, se la Russia dovesse intervenire massicciamente e le forze ucraine fossero in grado di offrire una resistenza importante e il numero dei morti dovesse crescere notevolmente, a quel punto, per essere chiari, tutti gli scenari potrebbero cambiare. Il nostro intento è quello di limitare l’escalation, ma ogni volta che parliamo di limitare l’escalation dobbiamo pensare quali siano i mezzi che abbiamo, non solo per limitare l’escalation ma per produrre un risultato che noi riteniamo importante. Perché è chiaro che se noi lasciamo fare ai russi, l’escalation potrebbe non esserci – del tipo: si arrangino tra di loro e la cosa finisce lì. Però, noi non possiamo permettere questo.








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