2014-05-26 14:09:00

Ucraina: il magnate Poroshenko vince le presidenziali. Mosca pronta a dialogare


L'oligarca ucraino, Petro Poroshenko ha vinto con almeno il 54% dei consensi le presidenziali, stando allo spoglio di più della metà dei seggi ufficializzato dalla Commissione elettorale. Non ci sarà dunque ballottaggio e la proclamazione ufficiale è prevista tra il 6 e l’8 giugno. Intanto, sia Mosca che alcune fonti dei ribelli pro-russi si dicono pronti al dialogo con il nuovo presidente dell’Ucraina. Tuttavia, lo stesso Poroshenko ha dichiarato che non sarà interrotta l’operazione militare nell’est. Da oggi, inoltre, le autorità dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk hanno imposto la legge marziale in tutta la regione. Secondo testimoni, elicotteri di Kiev hanno colpito l’aeroporto di Donetsk occupato dalle milizie filo-russe. Per un’analisi del voto e delle sfide che attendono il nuovo capo dello Stato, Marco Guerra ha sentito Fausto Biloslavo, inviato de Il Giornale ed esperto d’area:

R. – Era una vittoria annunciata. L’unico dubbio era se ce l’avrebbe fatta al primo turno o meno. Dimostra, però, che questo oligarca, uomo di mille stagioni, evidentemente è la persona giusta per l’Ucraina, in questo momento, e non certo l’eroina – che vediamo noi soprattutto occidentali – Julia Timoshenko, la rivale alle presidenziali, che ha perso sicuramente il suo smalto e che è stata distaccata. Forse proprio perché è il re della cioccolata, un oligarca, un uomo che è stato un po’ con tutti i governi e che ha passato un po’ tutte le casacche, si spera che sia l’uomo giusto per risolvere i gravi problemi del Paese: innanzitutto, la guerra civile nell’est, i rapporti con la Russia e poi anche i gravi problemi economici e i gravi problemi di un’Ucraina, che è comunque divisa fra est e ovest.

D. – A tal proposito, lui ha detto che la fine della guerra è uno dei suoi obiettivi principali...

R. – Sì, ha anche detto che in tre mesi chiuderà e risolverà tutti i problemi con Mosca. Io spero che sia vero. Un po’ lo dubito, perché ormai la situazione si è incancrenita, soprattutto nelle regioni di Lugansk e Donetsk, dove i filorussi armati hanno – con un referendum non riconosciuto da nessuno, neanche dalla Russia – di fatto proclamato la secessione e la nascita di questa nuova repubblica, che dovrebbe riguardare un po’ tutto il sudest del Paese, ma che al momento si concentra in queste due repubbliche, che comunque sono importanti, perché restano il bacino carbonifero e metallurgico del Paese.

D. – La Russia si è detta pronta a dialogare, ma senza mediazioni. Che partita giocherà adesso Mosca?

R. – Senza mediazioni, nel senso che vuole dialogare direttamente con il nuovo presidente. La Russia non riconosceva il potere sorto da Maidan da un colpo di mano. E adesso con questa investitura popolare – che però dobbiamo ricordare è un’investitura di tre quarti nel Paese, nell’est, nelle regioni separatiste, di fatto non si è votato – la Russia vuole trattare con il nuovo potere legittimo dell’Ucraina e senza avere di mezzo l’Europa, gli Stati Uniti, che indubbiamente in questa crisi hanno fatto secondo me delle scelte azzardate e sbagliate, che hanno portato a questa situazione che nell’est è tragica, siamo infatti nella guerra civile.

D. – Nessun cedimento neanche dai filorussi come da Kiev. Come finirà?

R. – Io non sono ottimista, nel senso che bisogna anche avere presente che queste forze separatiste ribelli nell’est sono molto più autonome di quelle della Crimea, che comunque si coordinava con Mosca. Non dico che Mosca abbia perso il controllo di queste forze, ma certo non le controlla pienamente. Il nuovo presidente dell’Ucraina, Poroshenko, quindi lo sa bene e deve tener conto di questo aspetto. Probabilmente, dovrà trattare non solo con gli oligarchi locali dell’est, ma anche appunto direttamente con i separatisti filorussi, se vuole risolvere la faccenda pacificamente. Avrà, però, molti ostacoli: sul terreno non c’è solo la Guardia nazionale, non c’è solo l’esercito di Kiev: ci sono anche le milizie arroccate dall’altra parte, le milizie ultranazionaliste.

 








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