2014-05-26 13:50:00

Francesco a Peres: Gerusalemme sia davvero città della pace


Va respinta ogni violenza e ogni forma di antisemitismo, così come ogni forma di discriminazione razziale e religiosa. Lo ha affermato Papa Francesco a Gerusalemme, durante l’incontro con il presidente d’Israele, Shimon Peres, vissuto in un clima di grande cordialità. In precedenza, il Papa aveva reso una visita di cortesia ai due Grandi rabbini di Israele, David Lau e Yitzhak Yosef, al Centro “Hechal Shlomo”. La cronaca degli eventi nel servizio di Alessandro De Carolis:

L’umanità e la schiettezza seminate da Papa Francesco a ogni passo del suo pellegrinaggio fanno crescere in fretta nei suoi riguardi immediati frutti di simpatia, anche in quei contesti che politica e media dipingono di norma come complessi e delicati. Avviene anche nell’incontro tra il Papa e il presidente israeliano Peres. Mentre sono ancora sotto l’occhio delle telecamere, bersagliati dagli scatti frenetici dei fotografi, ogni formalità tra i due viene frantumata, così come i tempi del protocollo, nell’istante in cui Peres dice di vedere nel suo ospite “fantasia” e “ispirazione” in grado di costruire la pace e quando di rimando Papa Francesco con amabilità risponde:

“Con la mia immaginazione e fantasia vorrei inventare una nuova Beatitudine, che applico oggi a me in questo momento: ‘Beato quello che entra nella casa di un uomo saggio e buono’. E io mi sento beato. Grazie di vero cuore”.  

Non è ancora il momento dei discorsi ufficiali, ma è chiaro che ad aver vinto stavolta non è il politicamente corretto, ma l’umanamente sincero. Che è poi la base migliore per farsi ascoltare ed è un ascolto attento quello che si percepisce quando il Papa, nel giardino del palazzo presidenziale, affronta ancora una volta il tema della pace fra israeliani e palestinesi, ma anche fra le tre fedi che sperimentano in Gerusalemme il quotidiano banco di prova di una non facile convivenza religiosa. Ad ascoltare, alle spalle di Peres e del Papa, c’è il futuro di Israele, centinaia di bambini che intonano un gioioso “Alleluja”, mentre all’ingresso del palazzo presidenziale, altri ragazzini malati di cancro hanno visto esaudito il desiderio di ricevere prima di morire un saluto di Papa Francesco. Al quale, prima di cedergli la parola, un riconoscente Peres dice: “Lei ha aperto una strada, Dio la benedica”:

“Va respinto con fermezza tutto ciò che si oppone al perseguimento della pace e di una rispettosa convivenza tra Ebrei, Cristiani e Musulmani: il ricorso alla violenza e al terrorismo, qualsiasi genere di discriminazione per motivi razziali o religiosi, la pretesa di imporre il proprio punto di vista a scapito dei diritti altrui, l’antisemitismo in tutte le sue possibili forme, così come la violenza o le manifestazioni di intolleranza contro persone o luoghi di culto ebrei, cristiani e musulmani”.

Luoghi di culto, ribadisce Papa Francesco, che “non sono musei o monumenti per turisti”, ma luoghi di fede che “vanno perpetuamente salvaguardati nella loro sacralità”:

“Che Gerusalemme sia veramente la Città della pace! Che risplendano pienamente la sua identità e il suo carattere sacro, il suo universale valore religioso e culturale, come tesoro per tutta l’umanità! Com’è bello quando i pellegrini e i residenti possono accedere liberamente ai Luoghi Santi e partecipare alle celebrazioni!”.

Il tema del dialogo ebraico-cristiano era stato affrontato nell’incontro precedente con i due Grandi rabbini d’Israele, che accolgono Papa Francesco dicendo di aspettare da lui “parole forti contro l’antisemitismo” ed esortandolo a promuovere “una cerimonia grande di tutti i capi delle religioni per dire che non c’è odio, non c’è terrore in nome della religione”. Il Papa – ribadendo di trovarsi bene tra “fratelli maggiori” – affronta il dialogo dando risalto all’amicizia costruita e mantenuta fin dal suo ministero a Buenos Aires “con molti fratelli ebrei”, idealmente rappresentati dai due amici rabbini che condividono il suo pellegrinaggio. In particolare, osserva Papa Francesco, “non si tratta solamente di stabilire, su di un piano umano, relazioni di reciproco rispetto: siamo chiamati, come cristiani e come ebrei, ad interrogarci in profondità sul significato spirituale del legame che ci unisce”:

“Da parte cattolica vi è certamente l’intenzione di considerare appieno il senso delle radici ebraiche della propria fede. Confido, con il vostro aiuto, che anche da parte ebraica si mantenga, e se possibile si accresca, l’interesse per la conoscenza del cristianesimo, anche in questa terra benedetta in cui esso riconosce le proprie origini e specialmente tra le giovani generazioni”.

La visita in Israele era cominciata ieri pomeriggio all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv sull’onda emotiva dell’attentato antisemita di Bruxelles. Papa Francesco, che condanna nettamente il gesto e il tipo di odio che lo ha fomentato, ripropone con le stesse parole a Shimon Peres l’invito già rivolto al presidente palestinese, a prendere cioè parte in Vaticano a un incontro di preghiera e di pace. “Tutti noi sappiamo – scandisce ancora – quanto sia urgente la necessità della pace, non solo per Israele, ma anche per tutta la regione”.

“Si moltiplichino perciò gli sforzi e le energie allo scopo di giungere ad una composizione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze. In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico quanti sono investiti di responsabilità a non lasciare nulla di intentato per la ricerca di soluzioni eque alle complesse difficoltà, così che Israeliani e Palestinesi possano vivere in pace”.








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