2014-05-23 11:58:00

Europee: al voto Irlanda e Repubblica Ceca


Seconda giornata di elezioni europee. Alle urne l'Irlanda, dove si vota anche per le amministrative, e la Repubblica Ceca. I seggi da ripartire sono in tutto 751: la fetta più grande andrà ai tedeschi (96 europarlamentari), seguita dai francesi (74) e da Italia e Gran Bretagna con 73 eurodeputati ciascuno. Ieri le consultazioni in Olanda e Gran Bretagna. Nei Paesi Bassi a sorpresa escono sconfitti gli euroscettici che invece si affermano nel Regno Unito. Domani il voto in Lettonia, Malta e Slovacchia mentre tutti gli altri Paesi voteranno domenica, con l'Italia che sarà l’ultima a chiudere i seggi alle 23. Da Bruxelles, Giovanni Del Re:

Il primo giorno di elezioni europee, che ha avuto luogo in Olanda e Regno Unito, ha già riservato una prima sorpresa: secondo gli exit poll, nei Paesi Bassi non si sarebbero confermati i pronostici che vedevano la destra xenofoba del Partito del Popolo di Geert Wilders al primo posto. Al contrario, sarebbe solo quarta dietro tre partiti europeisti, i Cristianodemocratici, i Democratici 66 e i Liberali del premier in carica Mark Rutte. Per avere risultati reali, però, si dovrà aspettare le 23 di domenica, quando si saranno chiusi gli ultimi seggi in tutta l’Unione Europea. Unico dato ufficiale è l’affluenza, che in Olanda ha toccato il record negativo del 37%. Anche per i risultati relativi alla Gran Bretagna si dovrà aspettare domenica sera, ma, secondo primi exit poll, in questo paese si sarebbero confermati invece i pronostici che vedono gli ultra-euroscettici dell’Ukip di Nigel Farage al primo posto, seguiti dai laburisti, mentre i conservatori del premier David Cameron arriverebbero solamente terzi. Domenica sapremo se gli exit poll corrispondono alla realtà. Paradosso britannico, se arriva primo un partito che vuole l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, secondo un recentissimo sondaggio invece il 42% dei britannici vuole restare in Europa contro il 37% che vuole lasciarla. Oggi tocca a Irlanda e Repubblica Ceca.

Tema centrale della campagna elettorale l’economia: l’Ue ha affrontato e superato, anche se con ritardi, la crisi finanziaria ma resta aperta la crisi dell’economia reale, cioè le condizioni dei lavoratori con l’emergenza disoccupazione. Del valore di questo voto per i cittadini proprio in considerazione di queste sfide, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Paolo Guerrieri:

R. – Ci siamo messi alle spalle, forse, la fase più acuta della crisi: quando sembrava che, ad un certo punto, l’intera costruzione monetaria potesse implodere, saltare per aria, perché effettivamente c’era un attacco della speculazione e non c’erano strumenti adeguati. Ora, è stata finalmente risolta ma ci sono voluti circa due anni e tanti costi. Si poteva fare prima. Comunque, questa fase di crisi acuta è stata in parte fronteggiata e possiamo dire che oggi è sotto controllo. Quello che invece non è avvenuto – qui c’è la grande sfida, il grande appuntamento con le elezioni – è curare l’economia reale, cioè lo stato della produzione, dell’occupazione dei Paesi dell’area dell’euro.

D. – Si vota per il rinnovo del Parlamento europeo che è rappresentanza dei cittadini. Che ruolo possono avere di fronti ai poteri forti. I cittadini che cosa possono pensare di fare con questo voto?

R. – Hanno un potere molto forte perché possono ribadire di voler credere e voler continuare a scommettere sull’Europa, sulla dimensione europea che resta - non dimentichiamocelo - l’unica dimensione per noi possibile per reggere la sfida mondiale. Con un loro voto possono, a questo punto, ribadire naturalmente che non è solamente una scommessa sull’Europa in generale ma è una scommessa su un’Europa che deve tornare a produrre crescita, occupazione e soprattutto deve essere fonte di opportunità. Quindi, hanno un’arma nelle loro mani – “arma” in senso metaforico – e da un lato se si astenessero, o se addirittura votassero i famosi partiti “euroscettici” - che non fanno altro che inneggiare alla fine dell’Europa, alla sua uscita - questo sarebbe un colpo mortale alle possibilità di un rilancio nei prossimi anni. Possono votare i partiti che, invece, si presentano per cambiare l’Europa, cioè per far sì che la dimensione europea resti un punto di riferimento fondamentale ma è necessario voltare pagina: l’Europa, a questo punto, deve impegnarsi per dare opportunità di crescita, opportunità di nuovi posti di lavoro. Quindi, da questo punto di vista, il loro potere è molto ma molto elevato.

D. – In questo mondo ormai globale, che significato avrebbe essere uno Stato senza una moneta europea e senza l’Unione Europea?

R. – Significherebbe condannarsi alla marginalità, nella migliore delle ipotesi; ad una situazione di impoverimento generale ma soprattutto legato poi ai segmenti e alle classi di reddito più basse, nel particolare. Non c’è futuro per un piccolo Paese che volesse in qualche modo imbarcarsi in un’avventura di sovranità attraverso monete che, a quel punto, sarebbero ostaggio delle monete più forti. Quindi, è un modo di illudere, purtroppo, di far credere in qualche maniera ai cittadini - in qualunque di questi Paesi, anche di Paesi che possono sembrare forti – che c’è una scorciatoia, che c’è una via d’uscita. Non è vero, le analisi più serie lo dimostrano. Quindi, da questo punto di vista, è sperabile che veramente queste “sirene di incantatori” possano non trovare orecchie attente da questo punto di vista.   








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