2014-05-23 14:16:00

Card. Sandri: Francesco in Terra Santa rafforza la presenza cristiana


La Terra Santa non è un insieme di monumenti, ma un luogo in cui le "pietre vive" sono i cristiani, ai quali Francesco darà nuovo coraggio. È la convinzione del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il quale alla vigilia dell’arrivo di Papa Francesco nella terra di Gesù riflette sui significati del pellegrinaggio a partire dal momento centrale, quando il Vescovo di Roma abbraccerà il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo. Le parole del porporato nell’intervista di Alessandro De Carolis:

R. – E’ molto, molto significativo per tutta la Chiesa, perché richiama l’impegno incessante, perdurante, sempre, nella Chiesa – ovviamente con più insistenza dopo il Concilio Vaticano II – per l’unità della Chiesa e in particolare per la relazione tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse. Quindi, se noi evochiamo l’incontro tra Paolo VI e Sua Santità Atenagora vengono fuori tutti questi richiami, questi pensieri del cammino che si era fatto fino a quel momento e del cammino che si è fatto dopo fino adesso, in cui Francesco, il Papa, ritrova di nuovo il successore di Atenagora, Sua Santità Bartolomeo. Pertanto, sarà un momento di grande significato per valutare il cammino fatto e per richiamare di nuovo tutta la Chiesa all’impegno e, direi, all’obbligo di ascoltare la voce di Gesù, “che tutti siano uno”, ma in particolare tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse.

D. – Veniamo invece alle Chiese orientali, che sono sotto la responsabilità del suo dicastero: per loro questo nuovo abbraccio tra il vescovo di Roma e il Patriarca di Costantinopoli cosa significa?

R. – L’incontro ecumenico tra il Papa Francesco e Sua Santità Bartolomeo certamente si fa nel contesto, per noi, per i cattolici, di convivenza continua con i nostri fratelli ortodossi nella vita quotidiana della Terra Santa e dei Paesi del Medio Oriente. Così come i cattolici devono vivere una dimensione che io chiamerei reale, di vita quotidiana, per il dialogo interreligioso – perché sono loro che vivono accanto, per esempio, ai musulmani in tutti questi Paesi e quindi devono passare dalle dichiarazioni teoriche al convivere quotidiano – nella stessa maniera c’è questa convivenza quotidiana con i nostri fratelli ortodossi che, dobbiamo dire grazie Dio, è portata avanti con grande spirito di amore, di comprensione e addirittura di studio, per esempio per cercare una data comune per la Pasqua. Ma per le nostre comunità cattoliche i gesti di Papa Francesco, i gesti ecumenici e l’incontro con Sua Santità Bartolomeo sono ancora di più un richiamo alle Chiese cattoliche – che sono di diversi riti e in particolare la più numerosa è la Chiesa latina della diocesi latina del Patriarcato di Gerusalemme – a vivere questo ecumenismo in concreto, ancora di più con tante iniziative che ci sono per avere una sola voce, davanti anche a tutti i problemi che devono affrontare i cristiani in Terra Santa. Farlo noi da soli, sì, si può, ma farlo insieme dà più forza al nostro impegno nella vita di ogni giorno. Ovviamente, la comunità cattolica aspetta il Papa per avere questo entusiasmo non solo nel riceverlo, ma per avere ancora più spirito di gioia per portare avanti la sua missione dal punto di vista dell’annuncio evangelico, con la parola, con la testimonianza e con tutte le opere sociali che porta avanti la Chiesa cattolica.

D. – Non si parla mai troppo dei cristiani in Terra Santa: un pellegrinaggio del Papa in quelle terre è un’occasione privilegiata per ricordare la loro situazione. Ha avuto delle testimonianze e degli echi alla vigilia di questo viaggio?

R. – Abbiamo sentito le parole del Patriarca latino di Gerusalemme, sua beatitudine Fouad Twal, ma ho anche sentito e visto, tramite la stampa, le reazioni dei fedeli comuni, appartenenti alla Chiesa cattolica, che aspettano dal Papa questo incoraggiamento che viene dal Vescovo di Roma e che dà alla vita in Terra Santa una caratteristica veramente singolare. Noi non possiamo ridurre la Terra Santa a una terra di monumenti, di musei, di pietre, ma di “pietre vive” che sono i nostri fedeli cattolici e tutti i cristiani. Anche i pellegrinaggi da tutte le parti del mondo dei nostri cattolici sono per loro un grande incoraggiamento per aiutarli a tenere duro in questo desiderio di rimanere e di non fuggire dalla terra di Gesù.

D. – Papa Francesco, nel presentare questo viaggio, ha detto: andrò anche a pregare per la pace in Terra Santa. E gli incontri che avrà con le autorità giordane, israeliane e palestinesi saranno un’occasione diretta e concreta per fare questo. Quali aspettative nutre lei sul punto?

R. – Io penso sia molto importante la presenza del Papa in Terra Santa per la pace e non soltanto per la pace tra israeliani e palestinesi, ma per tutto il Medio Oriente. In particolare, io penso che la parola del Papa si allargherà certamente alla Siria e ovviamente anche all’Iraq e agli altri Paesi che vivono delle situazioni dolorosissime in questi momenti di guerra, di violenza, di non rispetto della dignità della persona umana, delle donne, dei bambini, delle vittime… Quindi, per me è doveroso che il Papa, che rappresenta Gesù Cristo, porti una parola di pace non solo alle autorità civili dei Paesi visitati, ma a tutta la regione del Medio Oriente. Quindi, sarà anche un messaggio di pace, un messaggio di concordia, di unità e di rispetto della dignità umana. 








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