2014-05-20 13:18:00

Elezioni in Iraq. Nuri al-Maliki verso il terzo mandato


In un Iraq devastato dai continui attentati il blocco politico che fa capo al premier, Nuri al-Maliki, ha ottenuto la maggioranza dei seggi nel parlamento di Baghdad, alle elezioni del 30 aprile. Secondo i dati ufficiali il partito non ha raggiunto l’auspicato traguardo della maggioranza assoluta, ma con 92 seggi, su 328, il gruppo sciita ha distanziato agli altri partiti, che singolarmente non sono arrivati ai 30 deputati. Al microfono di Massimiliano Menichetti,  il responsabile analisti del Centro studi internazionali, Gabriele Iacovino:

D. – Al-Maliki, rispetto alle scorse elezioni del 2010, ottiene una vittoria più netta nonostante non abbia avuto una maggioranza assoluta. Il vero segnale è quello di un Paese tornato a dividersi lungo linee settarie e religiose. Perché non abbiamo un partito o una coalizione trasversale - come nel 2010 poteva essere quella di Allawi, che prese voti sia dalla comunità sciita che da quella sunnita - ma di nuovo la politica irachena si è divisa. E al-Maliki dovrà scendere a patti con altre entità politiche.

D. – Dunque la sfida del premier è quella di ricucire con tutte le realtà tribali, sarà possibile?

R. – Purtroppo i segnali avuti non sono in questa direzione. Anzi, le scelte politiche di al-Maliki non l’hanno aiutato in una stabilizzazione del Paese. Una vittoria politica di al-Maliki potrebbe far ulteriormente rafforzare la figura del primo ministro che - forte anche dell’appoggio, della possibile alleanza con altri partiti sciiti - può proseguire la propria politica settaria. Bisognerà vedere quali saranno le scelte anche delle altre realtà sciite, non ultima quella di Muqtada Al-Sadr.

D. - Il Paese intanto si sta fortificando dal punto di vista economico, ovvero si parla di boom petrolifero. Un canale quello del petrolio che va alla Cina e meno agli Stati Uniti…

R. – Al-Maliki, fin dall’inizio, si è dimostrato un leader politico nazionalista che non ha mai stretto alleanze con un soggetto unico, né per esempio con gli Stati Uniti, né d’altra parte con l’Iran, ma ha sempre utilizzato la propria figura per bilanciare le spinte di influenza dei vari attori internazionali. Non da ultimo, questo rapporto con la Cina da un punto di vista energetico, è un nuovo fattore per diventare sempre più l’ago della bilancia di un Paese totalmente ancora instabile ma che inevitabilmente ha un ruolo forte, non solo nel palcoscenico mediorientale, ma nel palcoscenico internazionale.

D. – Per gli iracheni il nemico prima erano gli Stati Uniti, poi le forze internazionali: adesso chi è? Sembra di assistere a uno scontro dove tutti sono contro tutti…

R. – Purtroppo, inevitabilmente, la natura stessa dell’Iraq è il nemico, cioè essere un Paese composto da varie entità sia religiose che etniche che risentono ancora, e purtroppo inevitabilmente, del passato e delle divergenze avute. E si cerca nell’attualità, una soluzione non condivisa per la gestione non solo politica del Paese ma anche economica e sociale.

D. – Continueremo a vedere attentati?

R. – Purtroppo tutti i segnali in questo momento sono lontani da una stabilizzazione del Paese. Fino a quando non si attueranno politiche di inclusione sociale ed economica, purtroppo il malcontento, il malessere, interno del Paese porterà ulteriore instabilità. Fin quando si tratta di un malcontento come un mero fenomeno di sicurezza le possibilità di una pacificazione dell’Iraq sono lontane da venire.








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