2014-05-18 10:03:00

Roma: a San Giovanni in Laterano la Festa dei popoli 2014


“Una ricchezza da accogliere” è il tema della 23.ma edizione della Festa dei popoli 2014 che si svolge questa domenica in Piazza San Giovanni in Laterano. Promossa dai missionari scalabriniani e dagli uffici Caritas e Migrantes della diocesi di Roma, in collaborazione con il Comune di Roma Capitale e tante realtà che lavorano nel campo delle migrazioni, la manifestazione ha lo scopo di dare spazio e visibilità alla fede ed alla cultura delle comunità cattoliche immigrate nella diocesi di Roma e fare conoscere il carattere sempre più multiculturale della città. Federico Piana ha intervistato padre Gaetano Saracino, responsabile della Festa dei popoli:

R. – E’ la 23.ma edizione di un’iniziativa che ha visto crescere, nella città di Roma, nel cuore della diocesi e in tutta la cittadinanza, la presenza sempre più strutturale delle comunità immigrate. Tutto questo è un appuntamento che si rinnova la terza domenica di maggio, in una piazza significativa, nella cattedrale dei romani, la Basilica di San Giovanni in Laterano. Con la Santa Messa, presieduta dal cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, le degustazioni e gli spettacoli.

D. – Veniamo a questo tema: “Una ricchezza da accogliere”. Cosa vuol dire?

R. – Innanzitutto, coniugare e declinare il tema migratorio anche con altre immagini. Noi, in genere, lo vediamo sempre negli estremi: immigrazione sì, immigrazione no, oppure immigrazione coniugata soltanto con la malavita. Tutto questo fa ribrezzo, perché non dice quello che comunque è l’immigrazione: è strutturale, c’è. I figli di queste persone vanno a scuola con i nostri figli; loro stessi vivono con noi, lavorano con noi, viaggiano con noi; sono già nelle comunità cristiane e sono presenti, organizzati in cappellanie o già inseriti nelle nostre realtà comunitarie. Quindi una ricchezza, una bellezza delle diversità, perché non diventino differenze soltanto. Accogliere invece un invito che viene fatto a chi sta di qua della porta, ma anche a chi sta di là della porta.

D. – Bisogna accogliere, bisogna amare l’altro, stare vicino all’altro. Voi lo avete sempre detto con questa Festa dei popoli. Cosa è cambiato in 23 anni, da quando per la prima volta avete pensato di fare una festa per cercare di porre questi temi all’attenzione generale?

R. – Innanzitutto, si è passati da una “festa per” ad una “festa con”. Questa festa è fatta dalle comunità immigrate e 60 gazebo in piazza sono riempiti dalle espressioni culturali di queste comunità; 26 comunità che animano la celebrazione eucaristica sono espressione della bellezza della diversità, dell’unica fede, così come le gastronomie, così come gli spettacoli folcloristici. La festa, quindi, se volete, è un contenitore, che ha visto sempre gli immigrati come attori, quindi le comunità etniche come attori principali in questa realtà. E noi crediamo davvero che, al di là delle buone intenzioni, amare l’altro rischia di essere soltanto una parola e diventerà un fatto reale quando l’altro verrà tirato dentro e sarà lui il soggetto protagonista della sua stessa sorte. E’ qui allora la sfida della Festa dei popoli. Il futuro è già qui, adesso e parla: questa festa ci dice già come sarà il domani della Chiesa e della città in cui viviamo.








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