Sudan. Forse nuovo processo per la ragazza condannata a morte. Don Sacco: non si uccide
in nome di Dio
In Sudan, la vicenda della giovane donna condannata per essersi convertita al cristianesimo
sta suscitando lo sdegno in gran parte della comunità internazionale. Si è parlato
di condanna a morte, ma poi diverse associazioni e ong sono intervenute per assicuare
che la ragazza avrà un nuovo processo con l'esclusione della pena capitale. In ogni
caso, la giovane madre, che ha un bimbo di quasi due anni ed è incinta da otto mesi,
sta attraversando una vicenda drammatica. Giancarlo La Vella ne ha parlato
con don Renato Sacco di Pax Christi:
R. – Siamo turbati
davanti a queste cose perché c’è in ballo la vita delle persone. Bisogna chiarire
che non dobbiamo alimentare un anti islam generalizzato. In questo senso, allargando
l’orizzonte ci aiuta l’esempio dell’Iraq. Quando si è vicini, si condivide la fatica,
la gioia e si vive la condivisione e la comunione, allora si è più in grado di distinguere
quello che è essenziale e quello che è invece l’impazzimento di una visione religiosa.
Questo ci deve fare impegnare di più, avere più informazione, pregare di più, aggiornarci
di più per il dialogo e riconoscere anche i nostri errori. Non si può mai invocare
il nome di Dio per uccidere una persona per qualsiasi motivo. Se lo fanno gli islamici
sbagliano, se lo fanno gli ebrei sbagliano, se lo fanno i cristiani sbagliano.
D.
– C’è, secondo lei, quindi un terreno comune su cui le grandi religioni possono confrontarsi?
Ovvero, i diritti fondamentali dell’uomo, tra questo la libertà religiosa...
R.
– Tutte le religioni hanno alla base questa fondamentale dignità della persona. Credo
sia davvero una bestemmia usare il nome di Dio per adattarlo ad esigenze politiche,
economiche, terroristiche... Queste vanno condannate senza se e senza ma!