Ultimatum dei filorussi alle truppe ucraine: ritiro da Donetsk entro 24 ore
In Ucraina sempre più duro lo scontro tra esercito di Kiev e le milizie filorusse.
La Guardia nazionale ha confermato il sequestro a Donetsk del colonnello Iuri Lebed,
alto ufficiale e responsabile dei reparti in Ucraina orientale. Intanto sta per scadere
l’ultimatum degli indipendentisti ai militari ucraini a lasciare l'autoproclamata
Repubblica di Donetsk entro 24 ore. Di fronte ad una nuova secessione, la diplomazia
appare in difficoltà. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’esperto dell’area
ex sovietica, Aldo Ferrari, docente alla Ca’ Foscari di Venezia:
R. - La situazione
è molto complicata perché le trattative di Ginevra, ormai un mese fa, non hanno dato
sostanzialmente risultati. Si aspettano le elezioni presidenziali ucraine del 25 maggio
e dal punto di vista diplomatico i protagonisti non sembrano particolarmente attivi,
mentre continuano sul terreno scontri anche violenti. È un momento di stasi pericolosa
perché senza una soluzione politica la questione non può che aggravarsi ulteriormente.
D.
- Rafforzare l’aspetto federalistico dello Stato ucraino potrebbe portare a qualche
miglioramento della situazione o comunque si va incontro ad un’altra secessione?
R.
- Credo che un vero e serio lavoro di federalizzazione dell’Ucraina sia l’unica soluzione
possibile al problema. Il punto è che da parte delle autorità di Kiev questa volontà
di accettare realmente la federalizzazione non c’è, perché la si interpreta come una
sorta di secessione mascherata, per lo meno iniziale. Però, d’altra parte, l’alternativa
non può che essere l’aggravarsi della situazione, nel senso che queste spinte secessioniste
rimarrebbero forti e avrebbero l’appoggio, seppure non dichiarato, della Russia. Però,
se l’Ucraina non viene effettivamente sospinta dall’Occidente, quindi Europa e Stati
Uniti, ad accettare in maniera seria e concreta la federalizzazione, la questione
non si risolverà.
D. - Sullo sfondo poi c’è sempre il problema energetico;
un’Ucraina che dipendeva quasi totalmente dalla Russia, ora deve in qualche modo risolvere
la situazione, casomai, con l’aiuto dell’Occidente. Questo è possibile?
R.
- In tempi brevi assolutamente no. Così come in tempi brevi non è possibile che l’Europa
soprattutto perda la propria dipendenza dalla Russa. Sarà un discorso più lungo che
verrà affrontato nel corso degli anni, ma al momento l’Ucraina rimane estremamente
vulnerabile da questo punto di vista come l’Europa, seppure in una dimensione differente.
Questa è una delle principali frecce che Mosca ha chiaramente al suo arco e non c’è
una possibilità immediata di risolvere la questione. L’Europa può aiutare l’Ucraina,
ma a sue spese e in un momento non facile dal punto di vista economico. Da questo
punto di vista non ci sono, purtroppo, soluzioni immediate ed efficaci.
Una
crisi politica ed economica, dunque, che viaggia anche sui gasdotti. Mosca minaccia
di tagliare i rifornimenti energetici all’Ucraina se il governo provvisorio di Kiev
non estinguerà i suoi debiti e non pagherà in anticipo le forniture. Intanto oggi,
nella capitale russa, si è aperto il Forum Internazionale sull’energia. Gianmichele
Laino ha intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:
R. – Questo
potrebbe essere uno dei tavoli in cui si ricerca quella composizione politica che
su tavoli più aperti, sulla scena internazionale, non si riesca a trovare. Non bisogna,
infatti, dimenticare che il tema dell’energia è decisivo anche per quanto riguarda
le origini di questa crisi ucraina. L’Ucraina, come si sa, è intanto un cliente energetico
di Mosca che, praticamente, la tiene in vita dal punto di vista energetico; e poi
è un territorio di transito per i rifornimenti energetici che arrivano in Europa.
Quindi, sicuramente la partita energetica ha molta importanza anche nella più generale
crisi politica che, intorno all’Ucraina, contrappone la Russia all’Occidente.
D.
– Quali potrebbero essere, in questo contesto, gli scenari futuri sulla questione-gas
che vede coinvolte Russia e Ucraina?
R. – La questione del gas tra Russia e
Ucraina è, in questo momento, inquinata dalle considerazioni politiche. Purtroppo,
la questione del gas è sempre stata usata – anche dagli ucraini, non solo dai russi
– come leva per tutta una serie di altre considerazioni. Lo si vede anche in questo
momento: il governo provvisorio dell’Ucraina chiede alla Russia di pagare il gas sostanzialmente
quanto lo paga la Bielorussia. Però, la Bielorussia è un Paese membro dell’unione
doganale promossa e sostanzialmente gestita da Mosca; mentre l’Ucraina ha fatto una
scelta di campo opposta, appunto, con tutto il movimento di Maidan: è una richiesta
abbastanza insostenibile. D’altra parte, è altrettanto abbastanza insostenibile l’idea
che la Russia possa chiudere i rubinetti, ed è un’idea insostenibile per l’Ucraina,
perché non si può affamare un Paese; ed è un’idea insostenibile per la Russia stessa,
perché vorrebbe dire tagliare un condotto fondamentale per i rifornimenti all’Europa,
che è uno dei migliori clienti della Russia. Quindi la Russia avrebbe un danno economico
notevolissimo.
D. – Intanto, non è stata ancora fissata una data per il secondo
trilaterale tra Kiev, Unione Europea e Mosca. Si riuscirà a giungere a un accodo?
R.
– Io credo che la questione sia molto complessa e, da questo punto di vista, travalica
addirittura la crisi ucraina. Infatti, è vero che i rapporti tra l’Unione Europea
e la Russia non si sono mai risolti oltre un certo livello, tant’è vero che poi, alla
fine, i Paesi europei più interessati al tema energetico, si sono in qualche modo
arrangiati ognuno per conto suo. Da questo punto di vista, la difficoltà grossa è
soprattutto nel fatto che l’Unione Europea non ha una politica estera ben definita
e quindi non ce l’ha neanche in un settore che della politica estera è complementare
ma importante, come la politica energetica.