Giornata della famiglia. Mons. Paglia all'Onu: mettere la famiglia al centro della
politica
In occasione della XX Giornata della famiglia promossa dall’Onu, che si celebra ogni
anno il 15 maggio, la rappresentanza diplomatica della Santa Sede alle Nazioni Unite
propone un incontro nella sede dell’organizzazione a New York. Ad intervenire,
mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Al
microfono di Tiziana Campisi, il presule sintetizza il suo intervento:
R. – Io sono
particolarmente lieto che le Nazioni Unite, attraverso questa Giornata, desiderino,
vogliano spingere i governi a porre al centro delle loro politiche la famiglia, perché
comprendono che senza di essa la intergenerazione salta, la creazione della storia
stessa, in fondo, si indebolisce! Ecco perché la Santa Sede, consapevole dell’urgenza
di tutto questo, vuole dare il suo contributo, sottolineando che la famiglia – per
la sua particolare costruzione, e quando parlo di famiglia, parlo della maggioranza
delle nostre famiglie, ossia padri, madri, figli, nonni e nipoti – questa famiglia
è la risorsa più importante per le nostre società, e ancor più è la fonte di uno sviluppo
a misura umana delle nostre società.
D. – Quale contributo può dare la famiglia
cristiana alla famiglia laica?
R. – Io credo che la famiglia cristiana abbia
la responsabilità non tanto di creare una famiglia diversa, ma il compito di approfondire
i valori della famiglia umana, di quella che è di tutti. C’è un patrimonio comune
da valorizzare e da proporre. La particolarità della prospettiva cristiana è la seguente:
l’amore, o la benedizione di Dio, che ricevono gli sposi cristiani sottolinea che
l’amore della famiglia non è egocentrico, non chiude nelle pareti domestiche, ma è
un amore che spinge a superare tutti i confini. Quindi, la famiglia cristiana supera
i suoi confini e si lega alle altre famiglie; supera le sue tensioni centripete per
andare verso i più poveri; supera, ancora, se stessa per andare verso la città, fino
a giungere alla famiglia dei poveri. Insomma, quell’amore che si riceve nel giorno
del matrimonio è un amore che porta fino alle periferie del nostro pianeta. In questo
senso c’è una peculiarità e una ricchezza di gratuità che è la vocazione che le famiglie
cristiane devono vivere al loro interno e in prospettiva missionaria.
D. –
Dunque, tutto questo sposa il tema della 20.ma Giornata della famiglia: proprio, promuovere
l’integrazione sociale e la solidarietà inter-generazionale. Sotto questo ultimo punto
di vista, che cosa fare ancora?
R. – Io credo che sia indispensabile recuperare
il legame tra le generazioni, che passa attraverso quel processo di educazione che,
in verità, fa parte della missione stessa della Chiesa. Oggi si parla di evaporazione
del padre: che cosa vuol dire? Che molti padri hanno abbandonato l’impegno, la
responsabilità, la fatica dell’educazione. Dire: “Sono tuo fratello”, vuol dire non
capire la responsabilità che un padre ha. Credo che sia urgente che la Chiesa riscopra
al suo interno la prospettiva intergenerazionale per poi aiutare, come lievito, questa
prospettiva all’interno della stessa società umana. Una tendenza, come c’è in Europa,
a creare una società defamiliarizzata, cioè a creare delle famiglie monopersonali,
questo vuol dire che noi abbiamo abbandonato – perché troppo faticoso – il legame
con gli altri: infatti, legarsi per tutta la vita con un altro lo sentiamo insopportabile.
Ma questo vuol dire che alla fine, quel che conta è solo l’io, solo se stessi,
ed è chiaramente un modo per distruggere dall’interno la socialità e la stessa vita
comune tra la gente.