Festival di Cannes: dopo 'Grace di Monaco', è la volta di 'Timbuktu'
Il 67.mo Festival del Cinema di Cannes si è aperto ieri sera con la proiezione di
Grace di Monaco, da oggi anche sugli schermi italiani. Grandi nomi in corsa
per la Palma d’Oro, che verrà consegnata il 24 maggio. Compongono una selezione di
assoluto prestigio molti film legati alla storia recente e ai drammi intimi delle
famiglie. Il servizio di Luca Pellegrini:
Mondanità,
cultura, mercato, arte: Cannes diventa ancora una volta per due settimane il solo
e unico Festival capace di mettere il cinema al centro dell’interesse di gran parte
del mondo. Lo è sicuramente per la stampa, gli addetti ai lavori e per chi muove milioni
all’ombra di un’industria in fondo sempre florida. A Cannes dicono tutti di sì: i
registi per primi, quasi sempre i produttori. E anche quest’anno sulla Croisette arriva
il meglio della produzione mondiale, i festivalieri stabili Godard, Dolan, Egoyam,
Techine, Assayas, Hazanavicius, Ken Loach, Mike Leigh, gli immancabili fratelli Dardenne,
Cronenberg, insieme a qualche rischiosa o curiosa scelta, come l’italiana Rohrwacher,
l’argentino Szifrón e il mauritano Sissoko, oggi in concorso con il durissimo “Timbuktu”,
tutti messi a giudizio della giuria presieduta da Jane Campion. Film di apertura,
proiettato ieri, “Grace di Monaco”, carico di polemiche prima, poco applaudito dalla
critica, forse lo sarà dal pubblico, illuminato dal volto di Nicole Kidman nel ruolo
dell’attrice-principessa. E’ un film classico, romantico, sfarzoso, con alcune dichiarate
licenze storiche e tanta tristezza, che si concentra sul biennio 1962-64, sulle tensioni
con la Francia di De Gaulle e quelle vissute in famiglia da Grace, che decise - almeno
così racconta il film - dopo non poche lacrime e dubbi di sostituire i ruoli classici
hollywoodiani che ancora la tentavano con quello, ben più faticoso, di moglie di Ranieri
e madre di famiglia, sorretta dalla presenza, molto sottolineata nel film, del sacerdote
americano Francis Tucker. Ai Grimaldi regnanti, senza nemmeno averlo visto, non è
piaciuto, per le ingenue inverosimiglianze - anche se molti intimi segreti saranno
rimasti doverosamente tali - accusando di aver trasformato, senza loro licenza, il
ruolo e l’immagine del padre, della madre e dei parenti a corte. Immersi in un’atmosfera
che fa spesso il verso a Hitchcock, di cui Grace Kelly fu musa ispiratrice, assurta
poi, dopo la tragica morte, a mito del Novecento, immagine di un mondo oggi scomparso.