Mons. Tomasi: no all'uso di droni e robot nelle guerre
In una guerra non si può delegare la responsabilità umana a un robot. E’ quanto affermato
dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi che è intervenuto all’Onu di Ginevra
sull’utilizzo delle armi letali autonome. L’osservatore vaticano alle Nazioni Unite
ha in particolare denunciato l’utilizzo dei “droni”. Alessandro Gisotti ha
chiesto a mons. Tomasi di soffermarsi sui passaggi salienti del suo intervento:
R. - Il principio
fondamentale, il punto chiave in tutta questa situazione è che non si può delegare
alle macchine una decisione che riguarda la vita e al morte di essere umani: bisogna
che l’elemento razionale e la capacità di giudizio morale rimanga sempre presente
quando c’è di mezzo la questione della vita di altre persone. Ora, per la loro natura,
questi strumenti - queste armi tecnologicamente sofisticate, ma completamente autonome
- non hanno questa capacità. E supponendo anche che si riuscisse a sviluppare una
specie di intelligenza artificiale non si arriverebbe mai ad avere la possibilità
e la capacità di esaminare le situazioni e quindi di elaborare un vero giudizio etico.
D.
- Negli ultimi anni si è fatto molto uso dei droni, in particolare da parte degli
Stati Uniti ma non solo. Anche su questo la posizione della Santa Sede è netta. Già
l’anno scorso c’era stato un intervento al riguardo da parte sua …
R. - La
Santa Sede porta avanti una linea coerente. La questione dei droni è parallela a quella
delle armi completamente autonome. Il punto rimane sempre la presenza di un giudizio
morale che solo la persona umana può avere nelle circostanze in cui viene a trovarsi,
e questo è tanto più necessario, in quanto si tratta della vita e della morte di esseri
umani. Questa è la preoccupazione fondamentale. Poi ci sono altre considerazioni che
dobbiamo fare, come ad esempio, che la proliferazione di questo tipo di armamenti
può veramente causare una nuova corsa internazionale a dotarsi di armi sofisticate
come questi killer robot, e soprattutto la nascita di una competizione che
non serve per le relazioni tra Paesi, che produce semplicemente dello sperpero di
risorse che dovrebbero essere utilizzate invece per le esigenze sociali, la salute,
l’educazione, la lotta contro la povertà e non in strumenti letali.