2014-05-13 15:14:45

Ucraina. Ministro degli Esteri tedesco a Kiev: sostenere dialogo nazionale per risolvere crisi


Resta alta la tensione in Ucraina, dopo il successo del sì ai referendum per l’indipendenza delle regione orientali di Donetsk e Lugagansk, mentre si è combattuto anche la scorsa notte a Sloviansk, roccaforte dei separatisti filorussi. A complicare il quadro politico, il presidente ucraino ad interim, Turcinov, ha minacciato di sciogliere il partito comunista se dovessero emergere legami con i separatisti. Intanto a Kiev è arrivato stamane il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier, che si è detto convinto che le presidenziali del prossimo 25 maggio saranno fondamentali per risolvere la crisi nell’ex Repubblica sovietica, auspicando la massima partecipazione al voto. Ma quali scenari si prospettano? Roberta Gisotti ha intervistato Paolo Calzini, docente di studi europei alla John Hopkins University di Bologna: RealAudioMP3

R. – La tensione è alta indubbiamente. La mia impressione, però, è che non si vada, come dire, ad una rottura completa, che porti come si temeva ad una guerra civile strisciante in Ucraina. Le tensioni sono limitate a queste due regioni. Il fatto particolare è questo referendum, ma va detto che un referendum non è rappresentativo del grosso della popolazione: è rappresentativo della parte più radicale filorussa e nazionalista. Poi, questi referendum sono avvenuti in condizioni di non trasparenza ed hanno un rilievo politico emblematico più che reale.

D. – Anche lei è convinto, come il ministro degli Esteri tedesco, che sarà fondamentale il prossimo voto presidenziale ucraino?

R. – Certo, la consultazione elettorale è quella che può dare legittimità a questo Governo, che ricordiamolo è salito al potere in una fase rivoluzionaria, in termini quindi non costituzionali. Sotto questo profilo, dunque, è l’unico modo per garantire al governo di Kiev, che si trova chiaramente in una condizione di difficoltà e di debolezza, un minimo di legittimità. Resta da capire quanto, in queste condizioni, possa essere rappresentativo il voto. Come voteranno, cioè, in queste regioni critiche al Governo di Kiev? Vi sarà un boicottaggio? Ci saranno sì degli osservatori occidentali e dell’Osce ma bisogna vedere quale affluenza si avrà a questo voto.

D. – L’Osce, che ha offerto la sua mediazione, proprio stamani ha fatto sapere che Putin ha accettato questo suo ruolo. Ma come si potrà svolgere?

R. – La posizione russa è ambigua e contraddittoria, perché per un verso Putin non è interessato a consolidare il governo di Kiev, che chiaramente è orientato in senso pro europeo, diciamo pure antirusso; d’altra parte, da questi ultimi gesti fatti e dalle dichiarazioni di Putin, anche con questa mediazione per il rilascio di quegli esponenti dell’Osce che erano stati fermati, indicano che i russi non stiano mirando - sembra - ad un confronto drastico e quindi a far fallire le elezioni, come si era pensato in un primo tempo. Ma staremo a vedere quali iniziative prenderà la Russia, tenendo conto il fatto, in qualche modo nuovo, che questi nazionalisti russi radicali, nelle due regioni che abbiamo indicato, che chiedono di annettersi alla Russia, sembrino operare autonomamente al di fuori del controllo di Mosca.

D. – Ma per la pacificazione dell’area che cosa è auspicabile? Un’Ucraina federata?

R. – Penso di sì, anche se è difficile dire in che termini si possa fare un’Ucraina federata, quali siano i limiti di una federazione e cioè quali siano le autonomie economiche, politiche, ed anche nei rapporti internazionali. Perché il governo teme che una federalizzazione troppo spinta, in effetti, faccia sì che queste regioni poi facciano anche una politica estera a favore della Russia. In un Paese, però, ad "identità multiple" sia linguistiche che etniche, come l’Ucraina, credo che una forma di decentramento del potere centrale, e dar voce alle autonomie locali sia inevitabile.







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