2014-05-13 16:10:41

Mons. Paglia a Philadelphia sullo sfondo del raduno delle famiglie 2015


Manca oltre un anno al prossimo raduno mondiale delle Famiglie, che nel settembre 2015 sarà ospitato a Philadelphia. Ma per l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, oggi e domani sono giorni di visita e di incontri nella città statunitense, mentre giovedì prossimo la tappa del presule sarà a New York, per un intervento alle Nazioni Unite a 20 anni dalla Giornata della Famiglia indetta dall’Onu. Sulla visita a Philadelphia, le considerazioni di mons. Paglia al microfono di Tiziana Campisi:RealAudioMP3

R. – Abbiamo dovuto anzitutto iscrivere questo evento nel clima sinodale, quindi modulando anche alcuni temi e soprattutto farne un momento nel quale le famiglie stesse riflettono su alcune sfide importanti del momento contemporaneo.

D. – Come responsabile del Pontificio Consiglio per la famiglia, quali obiettivi porterà perché vengano sviluppati all’ottavo Incontro mondiale delle famiglie?

R. – Io penso che il Sinodo – o meglio, questi due Sinodi sulla famiglia – debbano avere come conseguenza una sorta di nuova primavera delle famiglie cristiane. E questo coinvolge, ovviamente, tutte le parrocchie e in particolare tutti quei Movimenti e quelle Associazioni familiari che debbono comprendere l'urgenza di una testimonianza della bellezza della famiglia in un mondo nel quale la cultura, o le culture, sono ad essa ostili. Dobbiamo scrivere la lettera della gioia delle famiglie o della famiglia, e questa lettera non è scritta sulla carta, ma è scritta sulla vita dove è presente la comunità cristiana.

D. – Quali istanze della famiglia, in questi mesi, sono state evidenziate ed è necessario portare all’incontro mondiale?

R. – C’è un primo problema: far comprendere che fare famiglia è una dimensione essenziale per la vita della Chiesa e anche della stessa società. C’è un individualismo così forte che non solo sconvolge le famiglie già realizzate, ma fa ritardare – o anche annullare – il desiderio di fare famiglia, quindi di sposarsi, di fare dei figli e di innescare quella straordinaria fonte di vita che crea storia, appunto, attraverso l’istituto della famiglia. E per quel che riguarda i credenti, il fatto che Gesù abbia donato o abbia voluto donare una grazia particolare agli spos, sta a dire non solo l’attenzione del Signore, ma anche l’aiuto che Lui vuol dare alla famiglia cristiana per edificarsi. C’è poi tutta un’altra serie di problemi, legati all’educazione: c’è una sorta di "iato", adesso, tra le diverse generazioni, o comunque la fatica a vivere con ideali di solidarietà, di amicizia, di amore, di donazione della vita che vanno assolutamente recuperati. C’è poi il problema relativo alla questione degli anziani: che cosa diciamo ai 30 anni di anzianità che oggi vengono donati dalla cultura, dalla vita, dalla medicina, dalla scienza? Che fare? Come impegnarli? Come ripensarli? Poi, c’è tutto il problema del rapporto tra famiglia e lavoro. C’è poi anche tutta la dimensione spirituale della vita della famiglia. Non solo come trasmettere la fede, anzitutto come viverla. Ecco perché, allora, il rarefarsi della preghiera nelle famiglie, il rarefarsi dell’ascolto del Vangelo nelle famiglie, è una sfida importantissima da dover raccogliere.

D. – Lei ha sottolineato la difficoltà, oggi, a metter su famiglia, e soprattutto la mancanza di volontà a responsabilizzarsi in questo…

R. – Il matrimonio non è più concepito come l’impegno a costruire un futuro assieme: c’è come una cultura di de-familiarizzazione o a-familiare, che è pericolosissima per la stessa edificazione della società. Quando si costruisce una famiglia, si ha la prima cellula della città e si ha una scuola per costruire un popolo, una nazione, una cultura. In questo senso, più tardi questo accade e più debole è la città.







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